Dopo il primo, sbalorditivo, Oscar vinto da Parasite, la Corea del Sud si aggiudica ulteriori riconoscimenti con Squid Game, la serie che ha totalizzato 111 milioni di telespettatori durante i suoi primi 28 giorni su Netflix, diventando la serie tv più vista in assoluto sulla piattaforma.
Con un messaggio che sembra nascosto e velato, Squid Game utilizza la stessa cruda e nebulosa tecnica utilizzata da Parasite per arrivare all’attenzione del pubblico e colpirlo, in un modo che non si aspettava minimamente.
Un’allegoria del capitalismo odierno fa da sfondo alle vicende dello show, raccontato con una serie di dualismi apparentemente semplici ma stracolmi di significato. In primis vi è il gioco, quello centrale e focale su cui poggia l’intera narrazione; un concetto ludico, quasi banale, ma contrapposto alle rigide regole imposte dall’organizzazione stessa, regole che portano alla morte dei concorrenti in caso di perdita.

I giochi svolti dai protagonisti sono quelli in voga fra i bambini coreani, richiamando quindi dei concreti presupposti della realtà, la stessa che si rifà alla dura gerarchia sociale divisa in classi, in cui, chi si trova in basso, perde il suo riconoscimento all’interno della società, così come avviene -drasticamente- in Squid Game.
Ogni scelta stilistica, scenografica e narrativa non è casuale, tutto si fa significante di un disegno più grande, a partire dalla selezione dei colori delle tute dei partecipanti e delle guardie. Durante l’intervista rilasciata a IGN infatti, la costumista della serie ha spiegato che il colore verde prediletto per i giocatori è stato deciso pensando alle tute vendute nei negozi di forniture che si trovavano davanti alle scuole negli anni Settanta, e che il rosa delle guardie è venuto da sé essendo il colore presente esattamente di fronte al verde nella scala cromatica. I colori hanno voluto ricordare lo stile degli scolari e l’infanzia, letti però in una chiave adulta e cruenta, inscenando così il primo abile contrasto dello spettacolo.

Un’altra decifrazione degna di nota riguarda i simboli posti sulle maschere delle guardie, figure che a prima vista hanno subito ricordato i famosi joystick delle playstation, chiaramente tipici dell’età adolescenziale di ogni bambino. Anche qui, il cerchio, il triangolo e il quadrato, nascondevano però un senso preciso e corrispondente alle azioni della serie; in particolare, il cerchio è raffigurato sulle maschere dei semplici funzionari, i triangoli su quelle dei soldati armati e infine i quadrati sono assegnati ai dirigenti.
Le guardie sono perciò quelle persone che chiudono il cerchio della scala gerarchia, mostrando indirettamente allo spettatore le varie classi e stratificazioni di un’organizzazione che ha l’intento di simulare la società dei giorni nostri.
Il regista e la costumista però, parlando con Netflix Corea, hanno svelato un ulteriore peso dato ai simboli, i quali rappresentano alcune lettere dell’alfabeto coreano: il cerchio definisce la lettera O, il triangolo la J e il quadrato la M, “OJM”. OJM sono le iniziali del nome originale di un tipico gioco coreano, chiamato “Il Gioco del Calamaro” o, più comunemente, Squid Game.
Grazia Battista