Louboutin, Manolo, Chanel, anche Chiara Ferragni! L’armadio che ha reso la moda un personaggio televisivo, è stato condiviso da più icone a noi note.
“Ed eccomi di nuovo con il solito problema: un armadio di vestiti e niente da mettermi”, eppure le fashion blogger moderne avrebbero fatto carte false per quel “niente” lamentato da Carrie Bradshaw; un’icona di stile, un’influencer anzitempo, la protagonista di una semplice serie televisiva diventata inaspettatamente una figura di spicco fra le tendenze del momento e non solo.
Sì, perché lo stile eclettico e chic della star di Sex and the City, nonostante quasi il quarto di secolo che separa la prima puntata dai giorni nostri, resta ammirato e seguito dagli appassionati.

Quello di Sex and the City è stato il primo grande esempio di come un prodotto televisivo, nato per intrattenere, si potesse trasformare in una vetrina per le grandi marche d’abbigliamento e per gli stilisti, vogliosi di piazzare i propri abiti nella serie più in voga del momento.
Dietro gli accostamenti esclusivi delle protagoniste, fatti di capi freschi e vintage, lussuosi ed economici, semplici ed eleganti, c’era un volto, la cui fama è cresciuta di pari passo con quella di Sarah Jessica Parker; il guru della moda, Patricia Field, oggi ha 80 anni ma resta la guida artistica prediletta per i costumi di scena che desiderano colpire e affascinare gli spettatori.
Prima di tornare nelle grazie di Darren Star, autore di Sex and the City ed Emily in Paris, la Field delizia anche il grande schermo con il suo -ulteriormente- rinomato contribuito a Il Diavolo veste Prada, il film che non passa letteralmente mai di moda.
La stessa impronta e lo stesso tratto segnato da “Chanel, un disperato bisogno di Chanel.” L’uso smisurato del brand non è nascosto neanche durante le interviste, nelle quali dichiara di utilizzarlo spesso per il suo tocco sempre classico e quindi versatile, capace di adattarsi a qualsiasi look.
L’iconicità di Meryl Streep e la classe di Anne Hathaway hanno aiutato l’ammirazione per gli stili, ma è stato il gusto di Patricia Field a guadagnare una nomination agli Oscar nella categoria “migliori costumi”, consacrando anche ufficialmente la sua preziosa firma.
Il glorioso ritorno avviene grazie alla serie che segue le avventure di una Carrie 2.0, una versione millennial della giornalista americana divisa fra il lavoro, le relazioni e il suo intenso amore per le Manolo Blahnik; Emily ha un lavoro incentrato sulla comunicazione attuale, relazioni da capogiro e una frenetica passione per le… Louboutin!

L’omaggio a Sex and the City viene palesato anche attraverso alcuni rimandi, primo fra tutti l’episodio in cui Emily indossa una sospetta gonna in tulle dal taglio inconfondibile. I colori sono differenti, come d’altronde lo è il mondo della moda a distanza di vent’anni, ma il capo che ha caratterizzato un momento fondamentale per Carrie -e ora anche per Emily- è proprio quello.
Quasi come se Emily in Paris fosse il prolungamento che mancava alla precedente storia.
Nell’ultima stagione Carrie mette piede a Parigi, convinta di restarci, ed invece fa rientro a New York, consapevole che fosse quello il suo posto nel mondo. Emily, d’altra parte, dopo varie (dis)avventure capisce che Parigi è la sua nuova casa e nonostante l’iniziale mancanza della sua ferrea cultura americana, tanto protetta e decantata, percepisce che i francesi non sono poi così male.
Anche la Field si dice elettrizzata di avere avuto la possibilità di sperimentare outfit ispirati alle mise parigine, adattati ai caratteri dei vari personaggi ma soprattutto composti ad hoc per la protagonista, quasi estrapolata dal tradizionale stile parigino. Emily sfoggia infatti sgargianti e folgoranti mix e match di stampe, tessuti e stili, in una perfetta e rinnovata linea con il guardaroba di Carrie.
Infondo, se Patricia Field non avesse osato con le sue proposte apparentemente insolite, non avremmo apprezzato fino in fondo quelle protagoniste diventate immagini sacre nel mondo della moda.
Miranda Priestly l’avrebbe sicuramente approvata; d’altro canto, chi più di lei era incline ad un’haute couture innovativo?
“Floreale? In Primavera? Avanguardia pura”.
Grazia Battista