
Non solo Fellini con Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet, Kubrick con Napoleon, oppure Ėjzenštejn con la trasposizione de Il capitale di Marx. Anche Giuseppe Tornatore col passare degli anni ha ottenuto una certa fama per una serie di progetti mai realizzati che i suoi ammiratori hanno atteso con ansia.
Il più famoso resta senz’altro Leningrado, ambizioso kolossal tratto dal monumentale libro di Harrison Salisbury I 900 giorni di Leningrado a cui Sergio Leone stava già lavorando sul finire degli anni ’80. La morte del regista romano mandò però tutto a monte e negli anni duemila il progetto fu passato a Tornatore, il quale non riuscì comunque a realizzarlo per una serie di motivi economici e finanziari.
Ma andiamo per ordine, immergendoci in ordine cronologico nell’avventurosa serie di progetti mai realizzati dal regista di Bagheria. Dopo la vittoria di Nuovo cinema paradiso agli Oscar 1990, il produttore del film Franco Cristaldi iniziò a discutere con Tornatore di un film sulla vita di Georges Méliès. Il progetto poteva essere senz’altro interessante, visto il periodo felice e pieno di energia che il giovane autore stava vivendo. Dopo la realizzazione de Il cane blu, episodio de La domenica specialmente (1991), Tornatore lavorò molto scrupolosamente a questo e ad altri due progetti. Un’altra pellicola d’ambientazione siciliana e un film politico da girare negli USA e in lingua inglese dal titolo Ultimo potere che la Cecchi Gori annunciò alla stampa nell’aprile 1992. Per una serie di motivi, nessuno dei tre progetti andò in porto. L’opera su Méliès sfumò per l’improvvisa morte del produttore Cristaldi, avvenuta il 1° luglio 1992, mentre gli altri due progetti non giunsero alla preproduzione per “problematiche produttive”, stando alle parole di Cecchi Gori. Ma di cosa parlavano questi film?
Non è facile trovare indizi specifici su queste opere, scritte, ma mai impresse su pellicola. Come tanti altri registi, la mania di riservatezza di Tornatore sulle sue opere ancora in fase di realizzazione è nota. Ultimo potere avrebbe sicuramente sancito la vera affermazione del regista sul mercato americano, dopo il buon successo commerciale di Nuovo cinema paradiso. Sul progetto di Georges Méliés non è invece illecito affermare che avrebbe potuto essere un Hugo Cabret ante-litteram. Certo, il film di Scorsese è un masterpiece a tutti gli effetti, con i suoi emblematici simbolismi, dagli interni dei cinema della Parigi anni ’20 agli ingranaggi degli orologi. E guarda caso nella sequenza finale de La migliore offerta (2013) di Tornatore, girato poco dopo il film di Scorsese, una vastità di ingranaggi accompagnano la scenografia del ristorante in cui si chiude la vicenda.

Molto più suggestivo per non dire folkloristico invece avrebbe potuto essere il misterioso film ambientato in Sicilia. Un’altra lettera d’amore alla sua natia isola, come per il resto lo sono state già il film vincitore dell’Oscar, il documentario Lo schermo a tre punte (1996), ma soprattutto L’uomo delle stelle (1995), uno dei suoi lavori più apprezzati, dietro il quale si nasconde un altro frammento del Tornatore inedito. Il finale del film, infatti, avrebbe dovuto vedere il protagonista Joe Morelli, dopo aver lasciato la Sicilia, imbattersi in un set cinematografico nel bel mezzo del sud Italia. Il regista sarebbe stato Pietro Germi e il film Il brigante di tacca del lupo (1952). In cambio di soldi il protagonista vendeva a Germi tutta l’attrezzatura (dalle bobine di pellicola al proiettore) con cui svolgeva i falsi provini agli ignari siciliani. Grazie ai soldi ottenuti da Germi l’imbroglione romano torna in treno fino a Roma, mentre il regista in moviola visiona il girato dei provini. Il risultato è una serie di volti sovrapposti, dato che Morelli riutilizzava sempre la stessa pellicola per ogni provino, che suscita grande emozione i Germi. “Quest’uomo è straordinario, un vero regista, dobbiamo trovarlo!” implora ai suoi assistenti. Lo ritrovano solo e malandato in un cinema della capitale a immaginare nelle inquadrature di Via col vento sé stesso e Beata, la ragazza siciliana impazzita dopo che questi era stato arrestato e malmenato davanti ai suoi occhi. Questa porzione finale di film non potè essere realizzata per problemi di budget. Quando tre anni dopo venne tuttavia proposto a Tornatore di girarla, il regista rifiutò.

Ma è il progetto successivo a L’uomo delle stelle, annunciato nell’ottobre 1995, ad essere ancora più interessante. Un film su Giulio Andreotti. Se realizzato sarebbe stato sicuramente una delle pellicole più intriganti e discusse del regista siciliano. Anche in questo caso svariate vicissitudini accompagnano la realizzazione del progetto, tanto che dopo alcuni mesi il progetto sfuma. Ma Tornatore è già al lavoro su un altro soggetto, dal titolo Il tavolo, in seguito pubblicato per intero sulle pagine de La lettura di Repubblica. Per il film Ennio Morricone compone già prima delle riprese un molto avvincente leit motiv, ma anche questo film naufragherà. La mente di Tornatore è comunque inarrestabile e già dopo poche settimane un altro progetto ha agguantato la sua vena creativa, ovvero il breve monologo Novecento di Alessandro Baricco. Quest’opera stavolta va in porto, Tornatore la battezza La leggenda del pianista sull’oceano, il risultato è uno dei suoi lavori migliori e il brano musicale composto per Il tavolo diventa il tema d’amore del film. Evidentemente nella logica del regista di Bagheria risiede quel non voler buttare niente di un’opera incompiuta o mai realizzata in pieno stile chapliniano. “La mente di Chaplin era come una soffitta”, si è detto “anche se non utilizzava un’idea non la buttava mai”.
C’è quindi molto Tornatore segreto, inedito, sconosciuto. Ma anche realizzato e mai visto. Come la versione televisiva da cinque ore de Il camorrista, seppellita nei magazzini Fininvest, mai visionata persino dal regista stesso. C’è il cortometraggio di cinque minuti dedicato a Giovanni Falcone girato nel 1993, in occasione del primo anniversario della strage di Capaci, la cui messa in onda più volte annunciata non è mai avvenuta. Ma anche i primissimi cortometraggi in 16mm o Super8, autoprodotti dallo stesso regista a fine anni ’70, risultano introvabili. Così come quasi invisibili, se non nelle Teche Rai, sono alcuni suoi documentari o spot pubblicitari, descritti in un volume collettivo intitolato Sicilia e altre storie. Il cinema di Giuseppe Tornatore, uscito per la Esi nel 1995 a cura di Valerio Caprara. Il Tornatore mai visto è dunque parecchio e potrebbe essere oggetto di un intero volume monografico.
Giunto al terzo millennio, Tornatore si sarebbe immerso nel suo progetto più mastodontico, faticoso, impegnativo, ambizioso e forse impossibile, quel Leningrado di cui si è già accennata l’origine. Per certi versi erede di Leone e Fellini, il regista siciliano del romanzo di Salisbury avrebbe fornito una trasposizione di grande respiro e spessore. Per realizzare al meglio la sceneggiatura Tornatore parte più volte alla volta della Russia in spedizioni che poco per volta si sarebbero trasformate in veri e propri viaggi e ricerche archeologiche su quella impervia pagina di storia del Novecento. Per il ruolo della protagonista del film riesce persino ad ottenere il sì di Nicole Kidman, che a Cannes 2005 annuncia “Girerò il film Leningrado di Tornatore!”.

Eppure il film non parte. Mancano i produttori statunitensi, i dubbi di sceneggiatura restano. Tornatore prova altre soluzioni. Accetta alcuni cambiamenti dello script pur di venire incontro ai produttori che si dimostrano intenzionati a farlo partire. E nel frattempo il regista avrà modo di girare altri tre film, La sconosciuta nel 2006, Baaria nel 2009 e tre anni dopo La migliore offerta, in attesa di riuscire a mettere d’accordo una volta per tutte attori, addetti ai lavori, collaboratori, produttori su Leningrado.
Resosi conto dell’oggettiva difficoltà del progetto il cineasta siciliano si arrende nel 2017, poco dopo aver realizzato un altro film, La corrispondenza. Ma Leningrado viene accantonato. Tornatore licenzia i suoi sogni e la fatica di diciassette anni di vita in un libro intitolato per l’appunto Leningrado che oltre a contenere la sceneggiatura completa scritta dal regista insieme a Massimo De Rita (l’autore de La piovra) contiene una lunghissima introduzione dove Tornatore racconta le vicissitudini produttive nei minimi dettagli, e di come spera che un giorno qualche altro regista potrà realizzarlo.
Rimane molta malinconia nel sentire queste sue affermazioni, soprattutto resta un grande vuoto e un senso d’incompiuto per i suoi fan e ammiratori più fedeli. Quasi come ascoltare un sincero ma molto realista sognatore che per cause di forza maggiore sembra aver rinunciato a quello che avrebbe potuto essere il migliore prodotto artistico della sua carriera.
Quasi tutti i produttori del pianeta sembrano essersi affacciati alla sceneggiatura. Eppure soltanto un colosso della produzione audiovisiva non è menzionato nelle vicissitudini del progetto: Netflix. Per il semplice motivo che nei primi anni 2000 la ormai fin troppo nota piattaforma di film e serie tv ancora non si cimentava nella produzione (anche partnership) di film e fino a pochi anni fa non aveva possibilità di poter effettuare investimenti di grande portata.

Eppure negli ultimi anni molte cose sono cambiate. E Netflix sembra anzi essere stata la società ammiraglia nella produzione di film in tempi di emergenza sanitaria. Il problema principale di Leningrado era (come conferma il regista) l’elevato budget preventivato di 100 milioni di $ che avrebbe spinto la Medusa a cercare partner statunitensi o comunque stranieri. Il più delle volte tale cifra è stata bocciata anche in un’ipotesi di coproduzione. Ridotta in seguito a 70, tale quota non ha comunque fatto sì che la situazione migliorasse. Solo un produttore aveva affermato “se Tornatore volesse il film si potrebbe realizzare con soli 30 milioni”, ma evidentemente era impossibile un dimezzamento del genere.
Se Leningrado venisse prodotto grazie al supporto di Netflix le cose andrebbero diversamente. Meno intolleranze di carattere politico, e soprattutto una più assicurata fruibilità in tutti i paesi del mondo grazie alla soluzione planetaria del on demand per quanto non continuativa come tutti gli altri lungometraggi prodotti esclusivamente per la sala. Grazie a “Roma” di Alfonso Cuaron (Leone d’Oro Venezia 2018) Netflix ha dimostrato anche un’ottima intraprendenza nella distribuzione di film in lingua non inglese. Non solo è riuscita a portare tale film in concorso alla Mostra di Venezia, ma ha anche contribuito a farlo vincere, rompendo vecchi schemi tradizionalisti e conservatori quale il film in concorso obbligatoriamente destinato alla diffusione nelle sale. Inoltre Roma non è un film di produzione statunitense, e in questo caso Leningrado potrebbe restare di produzione italiana o europea con appoggio Netflix per la partita distributiva.
Questa panoramica sul Tornatore mai realizzato vuole si essere una ricognizione dei sogni seppelliti del regista, e insieme un appello a Netflix per la realizzazione di Leningrado. Nel corso delle peripezie produttive, tuttavia, Tornatore ha sollevato dubbi su un possibile rilascio di “Leningrado” in versione Serie TV. Prendendo atto di questo, Netflix dovrebbe considerare il film esclusivamente come lungometraggio. Non è mai troppo tardi per sperare in un Tornatore prodotto dal colosso dello streaming. Specialmente per un film studiato con tanta passione e sensibilità.

Gianmarco Cilento