
Quando la sera del 21 agosto 1960, mentre era impegnato nella conduzione della serata finale de “Il Festival del Musichiere” , presso l’arena di Verona , percorrendo al buio un praticabile del retroscena, Mario Riva inciampò e precipitò da un’altezza di tre metri nello spazio vuoto sottostante, lui era all’apice del suo successo. La sua morte, avvenuta dopo dieci giorni di agonia, gettò nel lutto l’Italia intera. Ai suoi funerali c’erano quasi 300.000 persone accorse a dare l’ultimo saluto ad una persona di famiglia, amata da grandi e piccini. Già, perché Mario Riva grazie al Musichiere e ai tanti film popolari interpretati negli anni ’50, dopo tanta gavetta si stava godendo il meritato successo. Nel periodo d’oro del Musichiere (1957-60), Riva venne soprannominato “il più amato dagli italiani e dai bambini”, una presenza familiare che teneva incollati davanti agli schermi milioni e milioni di italiani. Ora passati 60 anni esatti da quella tragica morte, che privò lo spettacolo italiano di una delle persone più gentili che abbiano varcato quel “palcoscenico”, vi è il bisogno concreto di ricordare un’artista tanto grande, tanto umile, ma anche tanto sfortunato.

•Il Musichiere: il trionfo di Mario Riva
Con la televisione e con il Musichiere, Mario Riva era entrato nelle case e nei cuori di tutti e per giunta di sabato sera, dal 7 dicembre 1957 al 7 maggio 1960, per oltre 90 puntate. Il successo della trasmissione fu qualcosa di assolutamente impensabile. La trasmissione all’epoca registrava un ascolto di ben 19 milioni di televisori sintonizzati paralizzando di fatto l’Italia televisiva: si ricorda che nei cinema di Roma e Milano, i gestori dovettero mettere gli apparecchi TV per evitare che le sale in quel giorno e in quell’orario andassero deserte. Oltre a condurre la competizione tra i concorrenti, che si sfidavano per provare la loro conoscenza musicale, Mario Riva, che grazie a questa trasmissione può a buon diritto essere considerato il papà del sabato sera televisivo italiano, appariva al fianco degli ospiti d’onore, molto spesso celebrità internazionali, con i quali talvolta si produceva in inaspettati duetti. Il Musichiere sostanzialmente, era un semplice gioco musicale a quiz, il primo della tv italiana: i concorrenti, seduti su di una sedia a dondolo, dovevano ascoltare l’attacco di un brano musicale e, una volta riconosciutolo, precipitarsi a suonare una campanella a dieci metri di distanza per avere diritto a dare la propria risposta, accumulando gettoni d’oro per il montepremi finale. Il montepremi si conquistava indovinando il “motivo mascherato”, eseguito all’apertura di una cassaforte che conteneva la vincita. I motivi musicali erano eseguiti dall’orchestra di Gorni Kramer e da due cantanti: Nuccia Bongiovanni e Johnny Dorelli. Quest’ultimo fu poi sostituito da Paolo Bacilieri. Il quiz ideato dalla coppia di autori di rivista e commedia musicale Pietro Garinei e Sandro Giovannini riscontrò un grande favore di pubblico grazie alla semplicità del meccanismo di gioco, ma soprattutto grazie alla facilità con cui tutti da casa potevano partecipare attivamente, avvalendosi soltanto della propria conoscenza del panorama musicale popolare, allora molto meno ramificato e complesso di quello odierno.

Ma tuttavia quello che risultò decisivo ai fini dell’enorme successo popolare della trasmissione, fu la conduzione dell’attore Mario Riva, che conferì alla trasmissione un’atmosfera familiare e popolaresca. Per questo il Musichiere finì col diventare il contraltare di Lascia o raddoppia?, contrapponendo al rigore l’improvvisazione, all’accademismo la spontaneità, alla cultura la canzonetta. Il tutto senza mai cadere nel futile o nella volgarità: non a caso i testi della trasmissione erano firmati da Pietro Garinei e Sandro Giovannini, grandi professionisti dello spettacolo leggero, garanzia di classe e intelligenza. A Mario Riva erano affiancate due vallette, denominate le “Simpatiche”, nel cui ruolo si sono avvicendate Lorella De Luca, Alessandra Panaro, Carla Gravina, Patrizia Della Rovere, Patrizia De Blanck, Marilù Tolo, Mimma Di Terlizzi e Brunella Tocci. Uno dei momenti più attesi della trasmissione era quello dell’ospite che, anche se proveniente dal mondo del cinema, del teatro o dello sport, veniva inevitabilmente costretto a cantare. Ospiti celebri furono Mario Soldati, Gary Cooper, Totò, Marcello Mastroianni, Jayne Mansfield, Dalida, Fausto Coppi e Gino Bartali, Mina e Adriano Celentano. Questi ultimi due esordirono in televisione proprio grazie a Mario Riva, in una famosa puntata dedicata agli “urlatori”, comparendo a sorpresa da un grande juke box. La sigla della trasmissione Domenica è sempre domenica, brano che Garinei, Giovannini e Kramer avevano composto per la commedia musicale Un paio d’ali, divenne famoso proprio attraverso questa trasmissione.

•Domenica è sempre domenica(1958)
Ben presto, dato il successo popolare della trasmissione, il Musichiere divenne anche un film, un pò come era capitato per “Lascia o raddoppia?”, qualche anno prima con “Totò: lascia o raddoppia?”. Esce infatti nelle sale a fine 1958, il film “Domenica è sempre domenica”, delizioso spaccato d’epoca dell’Italia che fu, che vira decisamente verso la nascente commedia all’italiana. La pellicola prende il nome proprio dalla sigla finale della trasmissione. E’ la storia di alcune persone che decidono di partecipare al gioco televisivo del Musichiere, c’è chi vuole andarci per amore della musica, chi per vincere e ripagare un debito (Lorella De Luca), chi, come l’ingegner Carboni (Alberto Sordi), perchè è affetto da manie di protagonismo. Mario Riva, ovviamente, interpreta se stesso in maniera giustamente impeccabile, ed è il vero protagonista del film, come la trasmissione e il suo contorno. Ci sono anche Vittorio De Sica e Ugo Tognazzi a completare un cast di assoluto livello. E il film, complici i nomi e l’eco del Musichiere, svetta tra i campioni di incassi della stagione, con oltre 400 milioni di lire al botteghino. Sogni e risate intorno al nascente mito televisivo, sono i segreti del consenso ottenuto dalla pellicola, che anticipa quasi profeticamente il successo di massa del nuovo mass-media nazionale. Curiosità: l’attrice Lorella De Luca che era stata valletta del programma, nel film è la concorrente che si aggiudica il montepremi finale.


• Mario Riva stella del cinema e il sodalizio artistico con Riccardo Billi
Ma Mario Riva, quando interpreta “Domenica è sempre domenica”, e ancora di più quando con il Musichiere entra nelle case degli italiani, è già un attore affermato nel panorama cinematografico nazionale, è già uno dei divi più amati, con alle spalle più di 30 pellicole interpretate. Arriverà poi a superare i 40 film, prima del tragico incidente del 1960 che pone fine alla sua carriera e alla sua vita. Il suo primo film da protagonista è I cadetti di Guascogna(1950), al fianco di Walter Chiari, Ugo Tognazzi e Riccardo Billi, con il quale formerà la prima grande coppia comica del cinema italiano. Fisicamente abbastanza simili e appartenenti alla stessa generazione ( Billi era del 1906, Riva del 1913), i due costruirono il loro successo cinematografico impiegati nei panni di personaggi plebei, imbianchini, tassinari, autisti di mezzi pubblici ( magari crumiri, come in Accadde al commissariato). Riva più giovane di qualche anno, più aggressivo, più autoritario; Billi più passivo e sornione, ma anche più disponibile a una certa follia ( eccelleva nei travestimenti, e in particolare nelle imitazioni di personaggi femminili come Carmen Miranda, Anna Magnani): era questa la chiave della coppia, ovvero Riva che trascina Billi verso innumerevoli disavventure. Eppure non c’è primo comico e non c’è spalla, i due sono assolutamente intercambiabili e funzionali l’uno all’altro, come in tutte le grandi coppie che si rispettino. Billi e Riva sono stati la prima grande coppia in ordine cronologico del cinema italiano, e la seconda, dietro soltanto a quella composta da Franco & Ciccio in termini di produzioni cinematografiche. Tra una rivista e l’altra, la coppia interpretò 27 film nell’arco di otto anni, dal 1950 al 1958, risultando essere non solo l’unica “vera” coppia del cinema italiano dell’epoca, ma anche tra gli attori più acclamati del decennio. Basti considerare anche che riuscirono a mettere daccordo pubblico e critica, spesso, anzi quasi sempre in disaccordo. Le loro interpretazioni cinematografiche furono lodate anche dalla critica specializzata, sempre negativa quando si trattava di dare giudizi sui film comici o comunque sulle commedie brillanti. Appare quindi chiaro, che nel parlare della carriera artistica di Mario Riva, non si può prescindere dal citare anche Riccardo Billi, considerato che i due erano anche grandi amici fuori dal set. Se dovessimo a questo punto citare i momenti memorabili della coppia cinematografica, mi verrebbero in mente tre film, quelli in cui meglio fuoriescono le prerogative principali della loro comicità improntata ad una efficace satira degli avvenimenti contemporanei.

•Anema e core(1951)
Nel 1951 esce nelle sale Anema e core, forse il miglior film della coppia, di certo il miglior film realizzato in tandem con Mario Mattoli. Il film è cesellato per Billi & Riva, letteralmente cucito addosso alle loro qualità comiche, più l’apporto del tenore Ferruccio Tagliavini, che qua e là incanta il pubblico con le sue doti canore. I personaggi di Billi & Riva sono particolarmente riusciti, quelli dei due ladri per forza, che mentre tentano un colpo in casa di un impresario, rimangono folgorati dalla voce dell’elettricista (Ferruccio Tagliavini), e decidono di investire tutti i loro risparmi per farlo esordire come tenore. La rapida metamorfosi ‘morale’ dei personaggi di Billi e Riva, da ladri a impresari musicali, è la cosa più bella del film e rende positivamente i loro personaggi, considerato anche l’Italia moralizzante e moralizzatrice di quegli anni, per cui neppure le commedie potevano permettersi di presentare stereotipi negativi, di malfattori, se non per punirli esemplarmente. Ci sarà il lieto fine per tutti, anche per i nostri eroi, che diventeranno ricchi facendo i manager del nuovo tenore. Ottimo successo di pubblico, gli incassi toccano i 400 milioni di lire e le stelle di Billi & Riva brillano luminose.

•”I due crumiri” e “La dieta”: gli sketch memorabili di Billi & Riva
Altro momento memorabile della coppia è quello dell’episodio “I due crumiri”, dal film “Accadde al commissariato”(1954), Nell’episodio di Billi & Riva, quello dei due tranvieri favorevoli allo sciopero generale solo perché vogliono fare i crumiri, si intravede la capacità del cinema italiano, di cogliere alcune caratteristiche del Paese e di restituirle sul grande schermo in maniera molto realistica, filtrate attraverso l’estro degli sceneggiatori e le limitazioni della censura. Billi & Riva sono comunque divertentissimi, e questo episodio rimane uno dei massimi risultati della loro carriera cinematografica. Loro due erano infatti specializzati nell’interpretare personaggi plebei presi dalla borghesia, siano essi imbianchini, tassinari, autisti. Billi & Riva dunque, si specializzarono con risultati più che ottimali nella descrizione dell’italiano medio degli anni ’50, prima di Sordi, prima di Manfredi, prima che arrivasse ufficialmente la commedia all’italiana. Era questa la loro grande forza e il motore del loro spumeggiante estro comico.E’ anche per questo che entrambi hanno il loro posto indelebile nella storia del cinema italiano, perché hanno rappresentato perfettamente quel “come eravamo”, che vale più di un tratto di sociologia.
Nel 1955, tra le altre pellicole, Billi & Riva sono nelle sale con La moglie è uguale per tutti, nell’episodio intitolato La dieta, in cui il quadretto dell’Italietta del boom economico, ancora incerta tra perbenismo, cinismo misogino e sogni di trasgressione, è descritto in maniera molto efficace dalle interpretazioni di Billi & Riva. Quì si ironizza sul rapporto tra dieta e matrimonio, Riva è infatti costretto dalla moglie ad una tremenda cura dimagrante, mentre il cognato Billi mangia ingordamente sotto i suoi occhi.

• La fine degli anni ’50, il Musichiere e il cinema da solista. La fine del rapporto artistico con Riccardo Billi.
Mentre Mario Riva è impegnato con successo nella trasmissione televisiva del Musichiere, Il sodalizio artistico dunque, nel 1958, si interrompe per la riluttanza di Billi nei confronti del medium televisivo, preferendo continuare soltanto la carriera cinematografica, facendone la sua prima attività professionale. Certo, per Mario Riva, quella televisiva diventa la prima occupazione professionale, eppure in questo periodo fioccano le offerte lavorative cinematografiche, che l’attore romano interpreta soprattutto d’estate, quando non si andava in onda con il Musichiere. Di queste interpretazioni, diciamo così, da singolo, oltre al già citato “Domenica è sempre domenica”, spiccano due film, in qualche modo sottovalutati, ma che meritano un’ampia rivalutazione. Parliamo di “Perfide, ma…belle e Il raccomandato di ferro, rispettivamente del 1958 e del 1959. Il primo film è quasi un prototipo dei musicarelli che andranno di moda nel decennio successivo, infatti il protagonista è Claudio Villa, impiegato in quegli anni in un vero tour de force cinematografico. L’altro protagonista è Mario Riva, strepitosamente divertente nei panni del cialtrone impresario teatrale Romolo Proietti, che aiuta il suo amico a sbarcare il lunario in una Napoli, dove vige ancora l’antica arte di arrangiarsi. E’ lui infatti il vero protagonista del film, anche perché il regista Giorgio Simonelli, riduce al minimo (4/5 canzonette, non di più) le incursioni canore di Claudio Villa, per lasciare ampio spazio alla commedia popolare stile Poveri, ma belli. E Claudio Villa, affiancato proprio ad un consumato primo attore come Mario Riva, rende sopra le più rosee aspettative. Ottimo successo di pubblico, per un film comunque godibilissimo. La stessa cosa, grosso modo va detta anche per Il raccomandato di ferro, uscito nelle sale nel 1959, e interamente basato sulle qualità interpretative di Mario Riva. Il raccomandato di ferro è una divertente satira del (mal)costume italico di impronta dorotea negli anni del boom economico, che prende di mira burocrazia e gelosie aziendali. Suo mattatore, manco a dirlo, Mario Riva allora al vertice della popolarità, e questo film tutto basato sulla sua vis-comica, ne conferma l’indiscusso talento. Il suo è il ritratto di un vanaglorioso, sbruffone e scansafatiche, che millanta amicizie altolocate con il suo capufficio. Assistito dalla fortuna, fa carriera all’interno dell’azienda cui è dipendente, ma quando il ministro di cui dovrebbe essere amicone visita lo stabilimento teme di essere smascherato. Una commedia all’italiana, che si fa apprezzare per la semplicità della messinscena e per l’affiatamento degli interpreti. Ottimo successo di pubblico all’epoca. Oggi da riscoprire.


•Un ricordo di Mario Riva
L’anno dopo, come già scritto sopra, avvenne il fattaccio, che pose fine alla carriera e alla vita di uno degli artisti più amati dello spettacolo italiano. Un uomo buono, davvero, che aveva fatto tanta gavetta e si stava godendo il meritato successo, a furor di popolo. Vorrei chiudere questo omaggio all’uomo Mario Riva, quasi più che all’artista, con il ricordo che l’autore e critico televisivo Achille Campanile, scrisse all’indomani della tragica scomparsa dell’attore romano, un ricordo che testimonia l’amore popolare che Riva era riuscito faticosamente anno per anno a guadagnare, con perseveranza, talento, semplicità e umiltà.
“Con Mario Riva , prima ancora che l’uomo popolare , il personaggio caratteristico del video , abbiamo perduto una persona cara . Questa morte è per tutti un po’ un lutto di famiglia . E poi c’è il modo crudele e stupido di essa : non una malattia , nè un incidente in automobile mentre correva a 200 all’ora , ma una banale caduta durante il suo lavoro….Chi poteva immaginare una cosa simile? , in una serata simile? E per un uomo come lui , vedente negazione dei drammi , delle tragedie ? Ecco quello che rende più crudele la sua morte : il banale incidente , che si poteva evitare e che lo uccide quando , dopo molti anni di sfortunate fatiche , aveva appena raggiunto il successo , che per lui si concretava soprattutto in un’immensa , straordinaria popolarità e nel fatto che tutti gli volevano bene . Anche i bambini di tre , quattro anni , lo conoscevano , lo chiamavano a nome per la strada , gli sorridevano affettuosi , come a un caro zio bonario e divertente” . (Achille Campanile- critico televisivo)

Domenico Palattella