La commedia italiana corale degli anni ’80

i pompieri film
I 5 protagonisti del secondo capitolo della saga delle avventure dei “Pompieri” (1986-87). Da sinistra a destra: Massimo Boldi, Lino Banfi, Teo Teocoli, Paolo Villaggio e Christian De Sica. Rispetto al primo capitolo della saga non compaiono Ricky Tognazzi e Andrea Roncato.

Un argomento molto importante per chi voglia comprendere appieno l’essenza più vera della commedia all’italiana degli anni ’80, è quello della “commedia corale”, sottogenere della commedia cult all’italiana, che rese la generazione cinematografica di quel decennio, davvero immortale. Il genere del “cult anni ’80” infatti, non era solo basato sulle performance del singolo attore principale, ma era anche divertimento e gioco di squadra, o più che altro diventò gioco di squadra dalla metà degli anni ’80 in poi. Perchè questo? Perchè produttori e registi intrigati da sicuri guadagni pensarono bene di raggruppare più attori protagonisti in un’unica pellicola, un pò come successe negli anni ’60. E così i vari Jerry Calà, Christian De Sica, Massimo Boldi, Lino Banfi, Ezio Greggio, Teo Teocoli, Paolo Villaggio, Renato Pozzetto, Carlo Verdone, Enrico Montesano, Diego Abatantuono ( prima del passaggio al genere impegnato) vennero tutti ingaggiati per una serie di pellicole corali, di sicuro successo (soprattutto per le tasche dei produttori) e dal sano divertimento. Tutto ebbe inizio nel 1982, con Sapore di mare e Vacanze di Natale, nei quali troviamo tra gli specialisti del genere Jerry Calà e Christian De Sica; per continuare con Grand Hotel Excelsior, nato in risposta ai primi due film di proprietà della Filmauro di De Laurentiis.

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Il cast completo di “Sapore di mare”(1983), strepitoso successo “corale” degli anni ’80. Vi si riconoscono tra gli altri, Virna Lisi, Jerry Calà, Karina Huff, Christian De Sica e Isabella Ferrari.

Certo, ben più di una fugace occhiata merita soprattutto Sapore di mare. Una commedia nostalgica, attuale e mai volgare, il film dei fratelli Carlo ed Enrico Vanzina uscito nel 1983 è divenuto ormai un cult, uno dei piccoli classici del cinema italiano anni ’80. Il film non presenta una vera e propria trama, ma si limita a descrivere un insieme di situazioni e sottostorie di cui sono protagonisti alcuni ragazzi in vacanza al Forte dei Marmi nei primi anni ’60, ragazzi provenienti da tutta Italia con origini sociali e culturali diverse. Il cast era composto da grandi attori e caratteristi molto in voga negli anni ’80 come Jerry Calà, Christian De Sica, Marina Suma, Karina Huff, Isabella Ferrari, Virna Lisi, Ugo Bologna, Annabella Schiavone, Paolo Cannavacciuolo, Guido Nicheli, Gianni Ansaldi. Le varie interpretazioni risultano molto spontanee ed è facile riconoscersi in qualche personaggio, o magari ravvisare qualcuno che conosciamo nei ragazzi in vacanza descritti dal buon Carlo Vanzina. L’effetto revival si accompagna bene alla storia che in raltà viene girata nei pieni anni ’80 ma con ambientazione e ‘cuore’ rivolti agli anni ’60, una sorta di omaggio autobiografico dei Vanzina al proprio passato. Rispetto a tante altre commedie ‘pseudo-trash’, questo film si stacca decisamente dalla media, sia per soggetto e sceneggiatura autobiografici, sia per la trattazione di temi universali per ogni adolescente ed ogni adulto che non abbia dimenticato la propria gioventù. La malinconia autentica, che avvolge peraltro tutta la pellicola, scatta soprattutto nel primo piano finale di Jerry Calà, il migliore della compagnia per i suoi tocchi goliardici e i suoi dialoghi parolacciari, ma divertenti. Strepitoso successo di pubblico per questo ironico amarcord dei mitici anni ’60, rimasto nella storia della cinematografia italiana. Effetto nostalgia innescato anche dalle canzoni in colonna sonora e da una ricostruzione d’epoca approssimativa, ma efficace.

grand hotel excelsior film
Il quartetto di protagonisti di “Grand Hotel Excelsior”(1983), campione di incassi della stagione. Una foto “rubata” durante una pausa sul set. Da sinistra a destra: Diego Abatantuono, Carlo Verdone, Adriano Celentano ed Enrico Montesano.

Il suo antagonista, Grand hotel Excelsior è prodotto dalla Cecchi Gori Film, grande e famigerato impero cinematografico, da sempre contrastante con il primo. L’idea fu del giovane Vittorio Cecchi Gori, all’epoca in cui la titolarità dell’impero cinematografico di famiglia era ancora in mano al padre Mario. Vittorio convinse il padre ad uscire in sala per la prima volta a Natale. Siamo nel 1982 e per fare questo la scelta cadde su un film corale utilizzando 4 “pezzi da 90”, in quel momento sotto contratto (Celentano, Verdone, Montesano, Abatantuono). Ne nacque Grand hotel Excelsior, un film senza pretese, ma goliardico e divertente, animato da 4 leoni dello spettacolo, che si alternano efficacemente sul set senza pestarsi i piedi, regalandoci anche alcuni pezzi di bravura insieme, come il gran finale dell’orchestra filarmonica di Boston, sintesi estrema di comicità surreale e iperbolica. Semplice ma espressivo, immediato, diretto e privo di qualsiasi volgarità, il film è un vero e proprio cocktail di sketch, una spensierata cavalcata comica, una serie efficace di gag sparate a raffica e una magnifica carrellata di personaggi surreali. Si comincia  da Taddeus, il burbero e antipatico direttore dell’albergo, alias Celentano, coinvolto suo malgrado, nelle vicende sentimentali della Vivaldi cliente troppo “affezionata”; poi Egisto Costanzi, strepitoso Montesano, cameriere, che fa credere alla figlia Adelina, che studia in Svizzera, di essere un potente e ricco uomo d’affari, quando a sorpresa verrà a trovarlo, dovrà improvvisare una esilarante messinscena; poi il pugile Pericle, un Verdone poco propenso agli allenamenti, più portato per gli appuntamenti galanti con una bella e dolce cameriera; e per finire “il mago di Segrate”ciarlatano impunito e impenitente, interpretato da Abatantuono nella sua caratterizzazione più riuscita, quella del “terruncello”. Scritto e diretto da fini umoristi come Castellano & Pipolo il film si issa come campione di incassi della stagione 82/83. Un’idea vincente che diventa una vera e propria miniera per i produttori italiani. Il genere si arricchisce dunque, di pellicole a loro modo epocali, come ad esempio Yuppies- i giovani di successo(1986) e Yuppies 2(1986) ancora ideato dai fratelli Vanzina e realizzati sull’onda del cosiddetto yuppismo, fenomeno di costume proliferante, soprattutto, nella Milano da bere degli anni ’80. La pellicola vede protagonisti Massimo Boldi, Jerry Calà, Christian De Sica ed Ezio Greggio in un affiatato gioco di squadra. Quattro esemplari dell’italiano medio contemporaneo, col mito dei soldi, delle donne e di Gianni Agnelli. Yuppies vuole trattare con i toni della commedia di costume– se non dello stereotipo attraverso tic, manie e comportamenti, vedi “l’orologio sul polsino perché sa che lo fa l’avvocato Agnelli, l’easy listening che esce da un compact disc, una partita a squash giocata con gli amici” – una sorta di fenomenologia degli yuppie, giovani “rampanti” che, nelle metropoli del mondo occidentale e capitalista degli anni ’80, trovarono velocemente una realizzazione sociale attraverso la propria professione (spesso nel campo della finanza), la ricchezza da essa derivata e l’ostentazione di vari e talvolta effimeri status symbol del tempo. Inizialmente pensato come un progetto vicino ai toni del Grande freddo di Lawrence Kasdan, in seguito i fratelli Vanzina virarono verso un’opera più leggera e ispirata ai capisaldi della commedia all’italiana, Il sorpasso e C’eravamo tanto amati su tutti, ma che tuttavia sapesse come di “sberleffo” verso quegli anni ’80 non ancora giunti al termine: una pellicola nata come parodia, scritta come fosse un articolo d’attualità, e resa su celluloide per essere soprattutto divertente ma anche, eventualmente, per portare a una riflessione.

“Gli yuppies nel loro lavoro sono bravi, efficienti, preparati. È nel tempo libero, che sono buffi.”                                                      (Enrico Vanzina)

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Il cast dei due capitoli degli “Yuppies- I giovani di successo” (1986): Ezio Greggio, Jerry Calà, Massimo Boldi e Christian De Sica.

Ideato praticamente in contemporanea con l’esplosione italica di un fenomeno appena importato dagli Stati Uniti – tanto che il produttore Aurelio De Laurentiis, ritenendo poco comprensibile al grande pubblico il semplice titolo Yuppies partorito dai Vanzina, pretese di aggiungere il sottotitolo I giovani di successo –, questo instant movie pone attenzione sui lati meno edificanti dello yuppismo del bel paese, con una generazione di ventenni e trentenni epigoni dei loro “arrembanti e arroganti” cugini d’oltreoceano, all’ossessiva ricerca del successo a tutti i costi, spesso limitandosi a scimmiottare i modi e lo stile di Gianni Agnelli, Carlo De Benedetti e Luca Cordero di Montezemolo – questi “i loro modelli perché hanno classe, ricchezza, potere e piacciono pure alle donne. I nostri quattro protagonisti non hanno niente di tutto questo, ma gli piacerebbe tanto raggiungerlo” – e pertanto incapaci di rendersi conto del loro scadere nel ridicolo: “è proprio questo loro aspetto patetico che mi interessa: si sentono così importanti, vanno nei posti più alla moda, girano con Capital sotto il braccio e poi litigano per decidere chi deve pagare il conto al ristorante”, riassunsero i Vanzina. La pellicola si struttura in tre sottotrame che, intrecciandosi tra loro, vanno a sciorinare il racconto generale. Il quartetto di protagonisti è formato da un mix tra elementi all’epoca legati al cinema dei fratelli Vanzina, vedi Jerry Calà e Christian De Sica già assieme, negli anni addietro, in Sapore di mare, Vacanze di Natale e Vacanze in America, e facce note soprattutto al pubblico televisivo come due dei mattatori del Drive In che alla tivù italiana stava andando per la maggiore, Massimo Boldi, pure non a digiuno di esperienze sul grande schermo, ed Ezio Greggio, appena salito alla ribalta. Calà è affiancato dalla ventenne Federica Moro, al tempo tra i volti più freschi del cinema italiano, nei panni di un irraggiungibile interesse amoroso. Greggio è invece alle prese con una già affermata Corinne Cléry, nella finzione un’annoiata signora dell’aristocrazia meneghina e madre dell’esordiente Sharon Gusberti, diciassettenne lolita. Recitano in tandem De Sica, l’unico protagonista non supportato da comprimari, e Boldi, costui circondato in scena dal suocero e datore di lavoro Ugo Bologna, dalla segretaria Valeria D’Obici, dal cameriere Isaac George (altro volto noto del Drive In) e dalla consorte Jinny Steffan; fu grazie a questo film che, per la prima volta, si formò davanti alla cinepresa la coppia Boldi-De Sica – coi due che già l’anno prima avevano preso parte, senza tuttavia interagire troppo spesso assieme, ai Pompieri –, dando il là a un sodalizio che farà la fortuna del filone cine-panettoniano nel ventennio a venire: “fu in quel momento che ci rendemmo conto che i nostri due caratteri, insieme, erano perfetti”, ricorderà in seguito lo stesso Boldi. Nonostante l’ottimo successo riscontrato presso il pubblico, con un incasso totale ai botteghini di circa sette miliardi e ottocento milioni di lire del 1986, la critica ebbe da ridire, nota di demerito venne posta in particolar modo sullo sviluppo dei quattro protagonisti – una combriccola che pesca un po’ dai Vitelloni, un po’ da Amici miei–, sì divertenti, ma ritenuti poco attinenti con la figura dei cosiddetti “Young Urban Professional”, sia fisicamente che caratterialmente. Greggio, un venditore d’auto più nullafacente che altro, si limitò a portare al cinema la cifra stilistica, tormentoni inclusi, messa in mostra sul palco del Drive In. Calà, un pubblicitario sulla cresta dell’onda ma fin troppo idealista e romantico, nei duetti con il suo direttore (Nicheli) si ritrovò di fatto a replicare un vecchio canovaccio già alla base di un classico quale L’appartamento di Billy Wilder. Boldi, un notaio in qualche modo succube dell’ambiente lavorativo e familiare, diede al suo personaggio una connotazione insicura e indecisa, in bilico costante fra i doveri di marito e i desideri di uomo, quasi a far da contraltare al partner di scena De Sica il quale, andando a interpretare un dentista ambizioso e sfacciatamente latin lover, fu forse l’unico ad avvicinarsi davvero all’estetica, ai modi e soprattutto allo spirito di fondo dello yuppismo.

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Il cast di “Scuola di ladri”(1986/87), altra grande saga “corale” del cinema italiano anni ’80. Per la verità, nel secondo capitolo, mancherà Lino Banfi, impegnato sul set di “Bellifreschi”(1987), al fianco di Christian De Sica.

La moda del film corale continua in quello stesso anno con I pompieri, dal cast monstre e dal sicuro successo commerciale. I protagonisti sono Lino Banfi, Paolo Villaggio, Christian De Sica, Massimo Boldi, Andrea Roncato e Ricky Tognazzi. Un gruppo di comici affiatati per una specie di risposta italiana alle Scuole di polizia americane, targate Steve Guttenberg e Bubba Smith che avevano avuto tanto successo in quegli anni. Comicità da caserma ma ben assortita, in un gruppo capitanato da Lino Banfi e Paolo Villaggio, che dell’allegra armata erano sicuramente i più esperti. Tanto fu il successo di pubblico, che l’anno dopo venne subito girato il sequel, dal titolo Missione eroica-i pompieri 2(1987). Qualche cambio nel gruppo dei protagonisti avvenne, confermati Lino Banfi, Paolo Villaggio, Christian De Sica e Massimo Boldi, Teo Teocoli sostituì invece Ricky Tognazzi come quinto elemento. Il sottotitolo del film recita così: “anche uno scalcinato gruppetto di imbranati può diventare un manipolo di eroi al servizio della comunità”, che è poi un pò la trama stessa della pellicola. Sulla eguale falsariga, in quel periodo Neri Parenti confeziona Scuola di ladri(1986) e il suo ovvio seguito l’anno successivo. Il trio di protagonisti composto da Lino Banfi, Paolo Villaggio e Massimo Boldi è così squinternato da risultare alla fine divertente e riuscito, così come il seguito, Scuola di ladri-parte seconda(1987), dove però non è presente Banfi, impegnato sul set di Bellifreschi con De Sica, altro riuscito film corale. Neanche a dirlo, incassi stratosferici, anche per quest’ultimo film, che unisce l’attore pugliese all’attore romano, in una divertente commedia degli equivoci, ispirata al film A qualcuno piace caldo. Molti sono infatti i riferimenti nella trama legati alla commedia americana con Marilyn Monroe e Tony Curtis. Tra l’altro, lo stesso viene guardato dai protagonisti in videocassetta in una scena del film.  Ancora sul filone vacanziero è da nominare Rimini Rimini(1987), con Laura Antonelli, Jerry Calà e Paolo Villaggio. Celebre l’episodio con Calà che spera di convincere un ricco ingegnere a firmare un contratto per portare a buon termine un importante affare e “affitta” una prostituta (questo è di fatto un remake dell’episodio Eritrea del film La mia signora con Alberto Sordi e Silvana Mangano). Lo stesso anno in sala esce anche Com’è dura l’avventura, dove Villaggio e Banfi vengono impiegati in una commedia “seria” con risvolti anche vagamente drammatici. Entrambi vengono utilizzati un semitono sotto le classiche caratterizzazioni di questi anni, e ne esce una commedia triste, dove comunque non mancano alcuni tocchi di comicità. Entrambi rendono al meglio e stavolta da “attori” più che da “comici” di navigata esperienza. E’ la storia di due poveracci, che per una truffa assicurativa, sono costretti a far affondare l’imbarcazione di un laido industriale (un delizioso e cattivissimo Gastone Moschin). Il finale, tristissimo di Banfi e Villaggio alla deriva nell’oceano, che parlano di Dio, dell’aldilà e della morte, dimostra le loro enormi potenzialità drammatiche. Un film sottovalutato, quasi sconosciuto, ma che merita ben più di una fugace occhiata. Con l’inizio degli anni ’90, dopo un epigono balneare, a suo modo riuscito, (Abbronzatissimi e Abbronzatissimi 2), il sottogenere dà vita al cosiddetto “cinepanettone”, esclusiva proprietà della coppia Boldi-De Sica.

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Una commedia “diversa”, a tratti anche drammatica, praticamente agro-dolce, questo è “Com’è dura l’avventura”, con Lino Banfi, Paolo Villaggio e Gastone Moschin.

Prima di analizzare tutto ciò, facciamo un salto indietro, al 1986 di un film, che abbiamo volutamente tralasciato, perché è il simbolo e la pellicola da tesaurizzare per godere di una commedia corale fatta con tutti i crismi per essere considerata tale. Il suo titolo è Grandi Magazzini, un film epocale e dal cast stellare. Mai così tante le star del cinema insieme in una sola pellicola, l’elenco dei nomi è esplicativo: Enrico Montesano, Renato Pozzetto, Lino Banfi, Massimo Boldi, Paolo Villaggio, Christian De Sica, Ornella Muti, Michele Placido, Teo Teocoli e perfino il grande vecchio Nino Manfredi. Il film è costruito in una serie di sketch a incastro ambientati nel tempio del consumismo, i grandi magazzini appunto, secondo una formula allora in voga. La coralità del film è evidente anche, oltre che nella locandina, perfino nella sigla di coda, dove i protagonisti cantano la colonna sonora della pellicola. Curiosità: la sigla fu girata a pezzi, con ognuno dei dodici attori che cantava la sua parte davanti ad un pannello grigio e poi montata insieme. Su tutti si ergono Renato Pozzetto, Enrico Montesano e Nino Manfredi. Esilarante il primo nei panni di un goffo addetto alle consegne, al quale ne accadono di tutti i colori; splendido il secondo in quelli di un addetto alle pulizie che viene scambiato per il figlio del padrone; semplicemente superlativo ed anche commovente il terzo, un attore sul viale del tramonto, alcolizzato e in difficoltà economiche, chiamato ai Grandi Magazzini per girare uno spot promozionale. E’ proprio la parte interpretata da Nino Manfredi, ad essere entrata nella memoria collettiva, di un film che già è uno dei “cult” più conosciuti ed acclamati. L’episodio di Manfredi, pur inserito in un contesto comico più elevato del solito, era una spanna sopra gli altri, quasi a voler rappresentare la volontà di un attore della vecchia scuola (un Manfredi di grandissima eleganza e umanità) di introdurre un pò di arte anche in un apparentemente freddo prodotto commerciale, quale era lo spot dell’episodio e in fondo tutto il film stesso, che poggiava esclusivamente sulla verve della star di turno. Ovvio dunque, che i diversi episodi, hanno livelli qualitativi differenti, e che il film possa risultare alquanto discontinuo tra segmenti più noiosi e squarci di efficace comicità (Montesano, Pozzetto), fino all’apoteosi poetica di un Manfredi semplicemente divino: provare per credere.

Grandi_magazzini_(1986)
Il frame finale del film simbolo della commedia corale all’italiana, ovvero “Grandi Magazzini”(1986). Cast da urlo: Enrico Montesano, Paolo Villaggio, Michele Placido, Heather Parisi, Christian De Sica, Renato Pozzetto, Ornella Muti, Nino Manfredi, Laura Antonelli, Lino Banfi, Massimo Boldi e Massimo Ciavarro.

Domenico Palattella

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