Negli anni ’70, il fenomeno Montesano, si fece ampio spazio nell’ambito di un ricambio fisiologico che investì il cinema italiano brillante e comico dell’epoca. Ma fu poi quello successivo, che può essere definito come il suo decennio d’oro, ovvero quello che issa Montesano come l’erede della romanità verace di Manfredi e di Fabrizi. L’annata memorabile di Montesano è proprio il 1980, quando interpreta Aragosta a colazione, Il ladrone e Qua la mano, che gli fruttano un David di Donatello speciale nel 1980, per l’insieme delle tre interpretazioni. Tre prove memorabili, con la prima che fonde, in un abile commistione, la comicità all’italiana, la commedia degli equivoci e la pochade francese, senza scadere mai nella volgarità di moda in quegli anni; la seconda è una riuscita rivisitazione dell’epoca di Cristo molto lodata dalla critica; e la terza, nell’episodio Sto così col Papa, è invece una memorabile caratterizzazione di Montesano vetturino romano, dunque erede ormai dichiarato di Fabrizi, che riesce a fare amicizia addirittura con il Papa, interpretato deliziosamente da Philippe Leroy. Particolarmente meritevole di attenzione risulta essere Aragosta a colazione, commedia degli equivoci particolarmente esilarante che ricorda come andamento e ambientazione Hollywood Party di Blake Edwards in cui Peter Sellers si ritrovava per sbaglio ad una festa, cadeva in piscina, demoliva un cesso e perseguitato dalla sfiga ad ogni angolo della pellicola diventava il pezzo forte della serata; qui il “suo” ruolo è affidato ad Enrico Montesano rappresentante di gabinetti talmente scalognato che rischia l’infarto quando sta per gettarsi dal sesto piano e combina guai a catena. E’ la storia, appunto di un piazzista di maioliche, che accetta di passare per il marito dell’amante di un suo ricchissimo amico: in cambio spera di fare qualche affare, ma l’equivoco (che doveva nascondere un momentaneo tradimento) vira ben presto sulla pochade, tra commedia all’italiana, commedia degli equivoci e commedia sofisticata, con numerosi numeri comici di assoluto divertimento (Montesano nel bagno; la ricerca del contratto con l’industriale tedesco, il quale crede che il “Tulipano Nero” sia un rarissimo fiore e non una linea di cessi; il numero della cantante) e un finale scoppiettante. Al suo fianco tre attrici icone degli anni ’70 perfettamente calate nei loro ruoli: Claudine Auger, Janet Agren e Silvia Dionisio. Non va però scordato il cortometraggio Sto così col Papa, primo dei due episodi che compongono il film corale Qua la mano, il segmento che ha come protagonista Enrico Montesano si segnala per la capacità dell’attore romano di lasciare il segno con una comicità accattivante, venata da un tocco di surrealismo. Montesano, a fine anni ’70, è ormai un autentico mattatore della commedia all’italiana e costruisce la storia di un vetturino romano (forse figlio di quello di Fabrizi di quasi 40 anni prima), che riesce a conoscere addirittura il Papa, tra una girandola di equivoci e disavventure davvero esilaranti. Lodevole l’interpretazione di Montesano, che continua a mostrare nuove capacità moderne per narrare punti forti, stavolta messo alla berlina è il concetto di religione. Compatto e divertente, il cortometraggio si segnala per la mancanza delle volgarità imperanti nel cinema italiano a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80. L’altro episodio, nettamente inferiore, ha come protagonista Adriano Celentano.

Questi sono anni di una rinnovata ventata di ottimismo che investe il decennio nella sua interezza. Con la conseguente ripresa economica e il successivo benessere economico riprende il sopravvento la “nuova” commedia all’italiana, finalmente epurata da quegli elementi tristi che l’avevano caratterizzata nel decennio precedente. Non fatica dunque a farsi spazio, anche negli anni ’80, Enrico Montesano, talento ormai affermato del nostro cinema, che continua la sua ascesa nel cinematografo. E con i personaggi che lo avevano reso celebre, ovvero quelli di estrazione piccolo-borghese, ingenui, però nobili d’animo. All’inizio del decennio, analizzati i capolavori della stagione 1980, molto rilevante risulta la pellicola di Sergio Corbucci, dal titolo Il conte Tacchia(1982), ambientato nella Roma del 1910, che si prepara alla sciagurata campagna di Libia. E’ la storia del figlio di un falegname soprannominato, per la sua voglia di essere ammesso tra la nobiltà, “conte Tacchia”, che riesce grazie ad un’inattesa eredità a coronare il suo sogno, ma ne rimarrà deluso e disgustato dalla ipocrisia e viltà del ceto nobiliare italiano. Uno dei film più popolari degli anni ’80 che ottenne il beneplacet anche della critica dell’epoca: “Con i soliti ingredienti (turpiloquio, colore locale, macchiette e buffonerie), il regista Sergio Corbucci confeziona un prodotto che fa la sua figura nel panorama del cinema popolare”. In quello stesso anno Montesano prende parte anche al film corale e a episodi intrecciati Grand hotel excelsior, che racchiude il meglio del cinema brillante e popolare di quegli anni, da Carlo Verdone ad Adriano Celentano, da Enrico Montesano a Diego Abatantuono. Provenivano tutti da film campioni di incassi, e la furbata commerciale non mancò di sbancare al botteghino. Per lo straordinario cast rimane comunque un film da ricordare, in cui il migliore sembra essere proprio Montesano nei panni di un cameriere dell’albergo, che per fare bella figura con la figlioletta finge di esserne un ricco cliente. Montesano è ancora divertente ed azzeccato nel già citato film a episodi Culo e camicia. Il primo capitolo ha per protagonista proprio l’attore romano agile e divertente, che si fa spazio in un episodio stiracchiato, tenuto in piedi solo dalla sua debordante vervè (e non è poco). Il secondo episodio è appannaggio di Renato Pozzetto. I due, uniti da una solida amicizia, formeranno un sodalizio artistico sporadico, ma di ottimo rendimento. Arriva poi, per Montesano il 1985, altro anno mirabilis della sua carriera. Questo è un anno importante per lui: dopo essere stato diretto ancora una volta da Steno in Mi faccia causa, è di nuovo vincitore del David di Donatello e del Nastro d’Argento per A me mi piace, che lo gratifica nell’inedita veste di regista esordiente.

Nello stesso anno inizia la collaborazione e l’amicizia con Carlo Verdone che lo dirige ne I due carabinieri, campione d’incasso e vincitore del ‘Biglietto d’oro AGIS’, registrando la più alta presenza al botteghino dell’anno solare. L’accoppiata tra i due grandi interpreti della commedia all’italiana fa faville, ed evita qualunque minima volgarità. A fine 1985 esce poi nelle sale Grandi magazzini, il film corale per eccellenza del cinema italiano anni ’80. Quì c’è finalmente l’incontro tra Manfredi e Montesano, in una sorta di passaggio di consegne, essendo Enrico unanimemente considerato l’erede più prossimo di Nino Manfredi, così come Carlo Verdone apparve fin da subito il più vicino allo stile di Alberto Sordi. Negli anni seguenti, sul finire degli anni ’80, la figura di Montesano si arricchisce di nuovi successi, prima la collaborazione con un maestro del cinema quale Mario Monicelli ne I picari e poi quella con Paolo Villaggio ne Il volpone. Parallelamente Montesano ottiene un successo senza precedenti in televisione con il successo del varietà del sabato sera Fantastico, nell’edizione del 1988, condotta accanto ad Anna Oxa, edizione che detiene il record di audience (12 milioni di spettatori) e di vendita di biglietti della Lotteria Italia. Dalle parti di Viale Mazzini è ancora vivo il ricordo di quell’edizione da record. I successivi anni ’90 sono caratterizzati dal ritorno di Montesano al suo antico amore, il teatro, che per la verità non aveva mai abbandonato, bensì alternato al successo del cinematografo. In questo decennio il cinema viene relegato ad un ruolo marginale nella carriera dell’attore romano, a parte le due prove insieme a Pozzetto e alla serie televisiva da lui scritta, diretta e interpretata, dal titolo Pazza famiglia, formata da due stagioni e andate in onda nel 1995 e nel 1996 sulla prima rete nazionale. Montesano è anche il protagonista della serie e interpreta un architetto 45enne, la cui vita da un giorno all’altro appare completamente sconvolta, facendo i conti con una moglie che lo ha lasciato e con i problemi adolescenziali dei suoi figli. Il talento e la vis comica di Montesano portano la serie a vincere il Telegatto come miglior telefilm italiano della stagione, nel segno dell’attore romano, rinvigorito anche dai successi in teatro, al Sistina, che portano la critica a definirlo il “nuovo re di Roma”.

Domenico Palattella