Basta solamente nominare il nome di Calogero Calà, in arte Jerry Calà, per tuffarsi con la mente, con i ricordi e con le immagini negli spensierati anni ’80. L’attore è infatti, quello che meglio di tutti ha saputo incarnare e rappresentare lo spirito dell’epoca, con alcuni tormentoni da lui creati, rimasti nella memoria collettiva: “Libidine”, “Doppia Libidine” e “Libidine…coi fiocchi”. Energia indomabile, parlata inconfondibile e faccia da simpatica canaglia: Jerry Calà, icona del cinema comico italiano e di un periodo dorato, gli anni ’80, ha all’attivo numerosele pellicole divenute col tempo dei veri e propri cult, per via dell’intensità e dei tormentoni creati dallo stesso Calà. Dopo averlo lanciato sul grande schermo, con I Gatti di Vicolo Miracoli(1980), Carlo Vanzina, il regista che meglio ha saputo sfruttare il selvaggio e grezzo talento dell’attore siciliano, sceglie Jerry Calà come protagonista, insieme a Diego Abatantuono, di una versione contemporanea di Romeo e Giulietta dal titolo I fichissimi(1981): lo scontro Romeo/Calà vs. Felice/Abatantuono, fratello della Giulietta (Simona Mariani) amata dal primo, è un susseguirsi di gag e risate. Memorabile la trasformazione di Jerry in suburban cowboy. L’esordio alla regia di Marco Risi poi, rappresenta anche il debutto da vero e proprio protagonista assoluto di Calà nel film Vado a vivere da solo(1982), probabilmente il film più famoso dell’attore: gustosa commedia che vede protagonista il ventiseienne studente fuoricorso Giacomino, che ha l’irriducibile pallino di andare a vivere da solo. Nel bizzarro e sgangherato loft che affitterà, Giacomino conoscerà lo scapolo Giuseppe (Lando Buzzanca) e la francesina Françoise (Elvire Audray), di cui si innamorerà. Il personaggio di questo giovane ancora immaturo e vessato da genitori onnipresenti, è deliziosamente cucito sulle spalle di Jerry Calà che caratterizza un personaggio il quale verrà ricordato da tutti gli appassionati del genere per molti anni e che genererà un seguito diretto proprio dallo stesso attore siciliano. Anche la critica cinematografica all’epoca dell’uscita, sempre piuttosto avara di complimenti per i comici popolari, spese parole positive per il film e per il simpatico protagonista: “abbastanza ben delineato e, a conti fatti, disincantato, con intorno un contesto umano di giovani parimenti improduttivi”. Atmosfera deliziosamente anni ’80: spensierati e leggeri come il film. Ciò che verrà immediatamente dopo Vado a vivere da solo, segna irrimediabilmente in maniera positiva la carriera di Jerry Calà, per quello che sarà il ruolo della vita.
A Natale del 1982, esce infatti nelle sale Sapore di mare, film capostipite del genere turistico-vacanziero, che si issa fin da subito come uno dei film più popolari dell’intera storia del cinema italiano. L’epocale pellicola inaugurò un genere destinato ad avere grande successo in quegli anni e negli anni futuri, i fratelli Vanzina (Enrico e Carlo) ebbero l’intuizione di rinfrescare una vecchia formula- la commedia balneare anni ’50- con tocchi goliardici e dialoghi parolacciari al passo con i tempi (Calà, il vero mattatore della pellicola, entra in scena cantando “Per quest’anno, non cambiare, vengo in spiaggia per ciurlare”): e infilano una serie di episodi e di caratterizzazioni semplici ma destinati a rimanere nelle menti del pubblico, con un’accorta e accurata “operazione nostalgia” delle atmosfere spensierate della commedia anni ’50-60, che contribuirà ad aprire il “filone nostalgico precontestazione”. Attraverso una specie di ironico “amarcord” di quei mitici anni- dai successi di Cassius Clay sul ring, alla vittoria di Felice Gimondi al Tour de France, alle serate del “bandiera gialla” sulla riviera adriatica, alla moltitudine di canzoni anni ’60 nella colonna sonora- i fratelli Vanzina riescono nell’intento di riunificare una serie di episodi legati agli amori vacanzieri di un gruppo di personaggi fortemente caratterizzati, con una colonna sonora che riecheggia i maggiori successi commerciali del periodo, riscuotendo in questo modo un successo senza precedenti: 10 miliardi di lire di incassi nel 1982. Girato sulle spiagge della Versilia, e più precisamente di Forte dei Marmi, il film contribuì a lanciare le stelle di Jerry Calà e di Christian De Sica verso la grande popolarità, dopo anni di dura gavetta. Il malinconico finale, immortalato dal primo piano di Jerry Calà, sulle note di “Celeste nostalgia” di Riccardo Cocciante, vale il prezzo del biglietto. L’anno dopo i Vanzina ci riprovano con un altro film epocale: Vacanze di Natale, altro grande successo targato Calà-De Sica, pellicola ancora priva della comicità corporale di Massimo Boldi. Il film è una riuscita fotografia in chiave comica dell’Italia vacanziera degli anni ’80, uno specchio ammiccante, scevro di qualsiasi cattiveria e appena aggiornato ai tempi. Un film ancora capace di scatenare nostalgiche reminiscenze comico/musicali grazie anche ad una colonna sonora con hit davvero indimenticabili. Si può considerare in un certo qual modo la versione natalizia (anche se le vicende non si svolgono più negli anni ’60), di Sapore di mare dell’anno precedente, di cui ritroviamo alcuni degli interpreti: Jerry Calà, Christian De Sica, Karina Huff. Ancora incassi destinati a rimanere negli annali.

Dopo questa coppia di film, le quotazioni di Jerry Calà e di Christian De Sica, crebbero rapidamente. Specie per l’attore siciliano, subissato di offerte nel cinema popolare. Alcune di esse vengono accettate da Calà e permettono all’attore siciliano di arricchire la sua filmografia di ruoli diversi, poliedrici e in alcuni casi originali. E’ il caso del film Al bar dello sport(1983), una delle interpretazioni più difficili – nonchè tra le più ricordate – della carriera attoriale di Jerry: a fianco di Lino Banfi, Calà interpreta Parola, un giocatore d’azzardo affetto da mutismo, che procurerà al personaggio interpretato da Banfi un’ingente vincita al Totocalcio. Una commedia degli equivoci da seguire fino al sorprendente finale. Meritevole di segnalazione anche Il ragazzo del pony-express(1986), un vero gioiellino misconosciuto della carriera di Jerry Calà che si pone proprio negli anni di maggiore successo della sua maschera sbarazzina e spregiudicata. Commedia scanzonata, ma non banale, basata sulle divertenti peripezie di Ago alias Jerry Calà, impiegato in un’agenzia di Pony Express, impegnato in una complessa love-story a lieto fine con la bella Claudia, interpretata da Isabella Ferrari. Prima ancora Jerry Calà aveva preso parte a Vacanze in America, ennesimo film corale dei fratelli Vanzina, che analizzeremo meglio nel paragrafo dedicato alla commedia corale degli anni ‘80. In questa sede val la pena soltanto citare come il cast sembra divertirsi un mondo, gli States sono una perfetta cornice per gag all’insegna dell’italiano medio all’estero e c’è anche Jerry Calà in uno dei suoi ruoli più divertenti, il solito sciupafemmine che vuole “beccare” trapiantato al di là dell’oceano; e in più un Christian De Sica in abito talare. Tralasciamo anche film come Yuppies-i giovani di successo, Yuppies 2 e Rimini Rimini, perché commedie corali a tutti gli effetti ed appartenenti a quel sottogenere della commedia sviluppatosi negli anni ’80 (che tratteremo nel saggio sulla commedia corale degli anni ’80), per saltare nei primi anni ’90, quando Jerry Calà, dimostra ancora tutta la versatilità del suo talento interpretativo, a discapito di chi lo ritiene un attore privo di stimoli e di interesse.

Rilanciatosi con gli Abbronzatissimi(1 e 2) di Bruno Gaburro, rispettivamente del 1991 e del 1993, una sorta di epigono del filone vacanziero (quasi un remake di Sapore di mare dieci anni dopo); l’attore siciliano viene ingaggiato dal maestro Marco Ferreri, per il suo penultimo grottesco film dal titolo Diario di un vizio(1993). In precedenza Calà aveva rifiutato il contratto a lui offerto da Aurelio De Laurentiis, produttore di alcuni dei suoi film di maggior successo, a causa di divergenze creative ed economiche, allontanandosi quindi artisticamente dai suoi amici e colleghi Massimo Boldi e Christian De Sica, che resteranno così gli unici protagonisti dei “cinepanettoni”. Ritornando al film del maestro Ferreri, per la parte del protagonista il regista volle a tutti i costi Jerry Calà, affidandogli un insolito ruolo serio ed impegnato, un po’ come aveva già fatto in precedenza Pupi Avati con Diego Abatantuono per Regalo di Natale nel 1986. L’idea alla base dell’opera è quella di raccontare, nella forma del dramma esistenziale in chiave grottesca, la storia di un uomo qualunque, un erotomane senza particolari qualità, povero, solo, vitale soltanto nel suo essere sempre curioso e voglioso di nuove amicizie femminili con le quali intrattenere fugaci rapporti erotici, credendo così di sfogare i suoi inconfessabili pruriti edipici. Benito, così si chiama il protagonista, ha un lavoro da fallito che odia, viaggia costantemente in tram e dichiara alla fidanzata di “non avere una lira”, arrivando a rubarle la catenina d’oro per saldare il debito con uno strozzino e permettersi il lusso di un lauto pasto. Tutta la storia è narrata attraverso una trama irreale e volutamente poco credibile, inframezzata da sporadiche scene oniriche. La critica lodò pienamente la pellicola, e non solo, anche Jerry Calà, che un pò come i grandi del passato, era stato fino ad allora sempre sistematicamente stroncato dalla critica (una rivalutazione quasi alla Totò di Uccellacci e uccellini verrebbe da dire): “Film tra i più belli di Marco Ferreri, visualmente raffinatissimo e innovativo, recitato da Jerry Calà con vera bravura, Diario di un vizio, intelligente, divertente, struggente, racconta in uno stile di rara originalità un uomo comune contemporaneo” (Lietta Tornabuoni)
L’opera presentata alla 43ª edizione del Festival internazionale del Cinema di Berlino, venne applaudita convintamente alla prestigiosa kermesse tedesca e registrò un piccolo trionfo personale di Jerry Calà, con la vittoria del prestigioso Premio del gotha della critica italiana come migliore attore grazie a un ruolo drammatico al di fuori delle sue consuetudinarie interpretazioni: la ciliegina sulla torta ad una carriera cinematografica di tutto rispetto. Rimasta nella storia la risposta piccata del maestro Ferreri ad una domanda di un giornalista che gli chiese il perché avesse puntato su un attore leggero come Jerry Calà per un film così complesso, Ferreri sbottò definendolo una testa di cazzo e disse controbattendo che i comici sono i migliori attori drammatici. Anche la critica dell’epoca lodò la splendida interpretazione di Jerry Calà, come anche quella attuale. Paolo Mereghetti assegna al film tre stellette e scrive sul suo dizionario: “Il film con il quale Ferreri torna a graffiare, grazie anche alla faccia immutevole di un sorprendente apatico Calà”. Insomma a Berlino si compie la rivincita personale di Jerry Calà, il quale riceve anche il plauso di Natalia Aspesi e Aldo Grasso, oltre alle scuse di molti dei critici che in passato avevano stroncato buona parte dei suoi lavori definendoli leggeri e goliardici. Che Berlino ’93 sia stato l’apice della carriera di Jerry Calà ce lo testimonia anche lui stesso, il quale nel corso di un’intervista affermò:
“Una delle mie più grandi soddisfazioni l’ho avuta in Germania, durante la presentazione del film Diario di un vizio al Festival del cinema di Berlino, quando un uomo mi ferma per strada dicendomi: “dev’essere motivo di grande orgoglio aver fatto dei film come i suoi, in più un giorno potrà raccontare a suo figlio di aver vinto questo prestigioso premio – poi si toglie il cappello e mi stringe la mano – Piacere, Wim Wenders”. Quando mio figlio avrà l’età per sapere chi è Wim Wenders glielo racconterò.”
Nonostante il plauso al Festival di Berlino, quando Diario di un vizio esce in sala non si rivela un successo economico e registra un incasso nettamente inferiore alla media delle commedie che era solito interpretare Calà. Questo gli rende difficile il salto nel cinema d’autore e lo fa cadere in un periodo di depressione: infatti nonostante i favori dei critici nei confronti della sua interpretazione, i registi drammatici continuano a snobbarlo ritenendolo troppo legato al cinema comico. Rimane però la soddisfazione che il film è divenuto materia di studio fissa negli indirizzi cinematografici delle università e che quindi rappresenta un’eccellenza riconosciuta nella storia del cinema italiano. In verità dietro al ritorno di Jerry Calà al cinema popolare, vi è un aneddoto, nonché un consiglio del regista Marco Ferreri e risale ai mesi successivi di Diario di un vizio, quando a Jerry Calà arriva la proposta di Cecchi Gori per girare il sequel di Abbronzatissimi, ovvero Abbronzatissimi 2 – Un anno dopo, sempre sotto la regia di Gaburro: Calà si dice inizialmente scettico e chiede così un consiglio proprio a Marco Ferreri, il quale gli risponde di non montarsi la testa e di interpretare assolutamente il sequel di Abbronzatissimi perché, a detta sua, l’attore è come una prostituta e deve accettare ogni ruolo indipendentemente dal genere. L’attore siciliano prende così parte al film, che va benissimo al botteghino e lo rilancia nel cinema comico. Dell’esperienza con Ferreri nel cinema impegnato, gli rimane però la consapevolezza nei propri mezzi e la sfida di proporre una sua visione di cinema, lontana dalle grosse produzioni, ma sempre ancorata al cinema popolare e vagamente pruriginoso: una maniera come un’altra di imporre una propria identità cinematografica, anche passando dietro la macchina da presa: “Avevo preso un’altra strada, avevo deciso di non lavorare più per le grandi produzioni. Insomma, alla tenera età di quarantatré anni divenni ciò che certi musicisti fanno da giovani prima di essere scoperti dalle major discografiche. Divenni indie. Divenni indipendente. Un folle e sperimentale regista indie”.
Il debutto da regista avvenne nel 1994 con Chicken Park, parodia demenziale dello spielberghiano Jurassic Park, nel quale dirige e si auto-dirige per la prima volta. La pellicola, presentata alla quattordicesima edizione del Fantafestival di Roma, diventa un vero e proprio culto e viene trasmessa in prima serata su Italia 1 nel 1995 registrando un auditel di 4 milioni di telespettatori.
Domenico Palattella