
Alighiero Noschese era il genio assoluto dello spettacolo italiano, l’unico in grado di riprodurre 1156 timbri di voce diversi. Le sue poliedriche imitazioni, tanto perfette da essere definite “appropriazioni”, hanno divertito non poche generazioni fermandosi esattamente all’impercettibile limite che separa la parodia dalla satira, e rispecchiandone appieno il carattere di uomo mite e professionista scrupoloso, incapace di ferire o aggredire, sia pure involontariamente, il prossimo. Era amato un pò da tutti,addirittura negli anni di massima affermazione di Alighiero in tv, pare che molti personaggi del campo dello spettacolo e della politica gli abbiano espressamente chiesto di essere imitati, sia per acquisire maggior visibilità, sia per non essere considerati come personaggi di secondo piano. Paradossalmente, essere imitati da Noschese diventava sinonimo di massima notorietà. Le sue imitazioni erano perfette, con il pubblico che si incantava di fronte ai suoi esilaranti travestimenti e le vocine condite dai tic dei personaggi più popolari degli anni ’60 e ’70. Alighiero Noschese, napoletano, classe 1932, era l’amico rassicurante e gioioso degli italiani. Non ebbe mai critiche, solo consensi. Era un gentiluomo che praticava la satira con eleganza, mai con un retrogusto sulfureo. Eppure, tanto impegnato a capire le anime e i pensieri degli altri finì però col non riuscire a capire più se stesso, tant’è che – come scrisse Enzo Tortora – “l’unica imitazione che non riuscì a fare fu quella di un uomo felice”. Entrato in depressione infatti, si tolse la vita una mattina uggiosa di fine 1979, in circostante mai chiarite.

Nessuno era sfuggito alle sue memorabili imitazioni, la sua consacrazione arrivò nel 1962, quando ricevette l’inattesa e gradita visita del suo vecchio amico napoletano Dino Verde, il quale nel frattempo si era già affermato come uno dei maggiori autori del varietà italiano. Riabbracciandolo e ricordando i bei tempi dell’infanzia, Verde si rivolge a lui, fresco di “Maschera d’argento”, quale miglior attore di teatro dell’anno, per allestire “Scanzonatissimo”, ossia quello che di lì a poco sarebbe diventato il primo spettacolo italiano di satira politica, dove Noschese è il mattatore assoluto. Lo show ottiene un successo strepitoso e senza precedenti. Al fianco di Noschese ci sono Antonella Steni, Gisella Sofio ed Elio Pandolfi, che avevano già lavorato con lui in passato. Si racconta che a Roma, dinanzi ai botteghini dei teatri Sistina e Parioli, la gente facesse file chilometriche ed estenuanti pur di accaparrarsi un biglietto per assistere alle parodie più dissacranti sui politici, sulla burocrazia e sugli innumerevoli paradossi d’Italia. Se il trionfo di “Scanzonatissimo” è tanto imprevedibile quanto immediato, d’altro canto si inizia ben presto a temere che lo show possa essere censurato, poiché i temi di attualità e politica sono affrontati in maniera decisamente irriverente e fino ad allora inedita, mentre anche nei confronti dei politici che ne sono protagonisti non si lesinano battute e pesanti allusioni. Cadono tutti sotto le strali esilaranti di Noschese et company, dai democristiani Fanfani e Moro, ad Andreotti, Michelini, Nenni e Nilde Iotti. Eppure tutto fila liscio, anzi, l’imitazione di personaggi politici, paradossalmente, sembrò non destare irritazione o malcontento tra i politici imitati. Anzi, questi sembravano rallegrarsi per l’effetto di maggiore visibilità che si andava creando loro grazie a Noschese. Sullo spettacolo non si abbatte, dunque, nessuna scure censoria e, anzi, da Roma esso approda per quattro stagioni consecutive in tutti i teatri d’Italia, seguito dalla omonima versione cinematografica del 1963, con l’unica differenza di Rossella Como al posto di Gisella Sofio, oggi facilmente reperibile, che consacra Alighiero anche al pubblico del cinematografo. E’ il suo trionfo, come “inimitabile imitatore”, come “re” della satira all’italiana e come strepitoso “Fregoli delle voci”, capace non solo di riprodurre quelle dei personaggi più noti, ma anche di travestirsi e truccarsi fino a diventare quasi del tutto uguale a loro. Strepitose le sue imitazioni di Adriano Celentano, Walter Chiari, Corrado, Nilde Iotti, Amintore Fanfani, che inebriano la pellicola con la sua irraggiungibile bravura trasformistica. Anche la critica era in visibilio. Noschese piaceva a tutti, perché riusciva a satireggiare in modo sottile e mai volgare, creando gag e battute pungenti. La sua comunque non è mai stata una vera e propria satira spietata del potere, bensì piuttosto una serie di camaleontiche caricature di numerosissimi personaggi famosi di cui coglieva magistralmente i cosiddetti “tic”. Restano memorabili tra le tante, le sue caratterizzazioni del telegiornalista Rai Mario Pastore, che di fronte ad una telefonata di smentita di una notizia faceva la faccia smarrita e con gli occhi spiritati diceva “Mi dicono che non è vero”, del giornalista Rai Jader Jacobelli che giustificava la messa in onda delle tribune elettorali con il bisogno“di…sputare” sui problemi del nostro Paese, dell’annunciatrice Mariolina Cannuli, di cui enfatizzava l’atteggiamento sensuale, e del politico Amintore Fanfani, di cui sottolineava la toscanità. Noschese si è poi anche “occupato” dei giornalisti Paolo Cavallina, Ruggero Orlando, Tito Stagno, Ugo Zatterin (moderatore di tribune elettorali), di Mike Bongiorno, Gianni Morandi, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, dei politici Ugo La Malfa, Giovanni Leone, Marco Pannella, e di molti altri ancora. Le cronache raccontano addirittura che la madre di Giulio Andreotti avesse visto alla televisione un’imitazione del figlio da parte di Alighiero Noschese così ben eseguita da non accorgersi della finzione, tanto che telefonò al figlio per rimproverarlo: “Ma come ti è venuto in mente di andare a cantare in televisione?”.

L’estrema popolarità acquisita, lo porta ad interpretare in quel 1963 altri due film, “I due della legione”, al fianco della emergente coppia composta da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, e nel quale interpreta il sultano Mustafà, in una gustosa parodia dei “legion-movie” americani; e “Obiettivo ragazze”, in uno di quei film a episodi intrecciati di moda all’epoca, popolari e di grande successo. Qui interpreta un marinaio napoletano in licenza, che viene ipnotizzato da un mago ciarlatano e crede di essere donna. Quasi una versione dieci anni dopo di “Papà diventa mamma”, con Alighiero Noschese al posto di Aldo Fabrizi. Una pellicola che comunque utilizza al meglio le sue qualità trasformistiche, in un film molto popolare, che ebbe un grande successo al botteghino. Ma questi sono anni in cui Alighiero ottiene la definitiva consacrazione televisiva, con “Cantatutto”(1963), “La trottola”(1965) dove tra l’altro si esibisce nei panni di Catherine Spaak e in una parodia del telegiornale prende di mira Alberto Sordi come presidente delle Federazione Mondiale Risparmiatori e Tirchi; “La prova del nove”( abbinato alla Lotteria di Capodanno, 1965); “Sabato sera”(1967). Mentre l’apice della celebrità arriva con “Processo a Noschese”(1965), sorta di one man show a puntata unica ove in un finto tribunale il pubblico ministero Francesco Mulè e il presidente Aldo Fabrizi inscenano un processo per poi assolverlo con formula piena poiché “essere imitati da Noschese non costituisce reato, bensì onore”, sebbene non manchino anche alcuni tagli censori sulle gag riguardanti i ritardi postali, le autostrade e l’assistenza sanitaria, che giudicata sorda alle esigenze degli ammalati, viene ribattezzata Cassa sordo-muta. Mentre il grande pubblico televisivo impara rapidamente a conoscere e ad amare Noschese, anche la critica ufficiale gli conferma il proprio sostegno, tanto che nel 1966 al Sistina di Roma viene premiato con la terza Maschera d’argento ( l’equivalente del Nastro d’argento per il cinema ). Complice la grandissima popolarità offertagli dalla tv e da Carosello, nella seconda metà degli anni ’60, Noschese inizia ad avvertire l’ambizione di sfondare anche nell’ultima branca dello spettacolo che gli manca, ovvero il cinema. Dove, nonostante una breve parentesi fortunata nel 1963, non aveva avuto ancora grandi opportunità, non soltanto perchè la sua fama di imitatore supera di gran lunga quella di attore, ma specialmente per le oggettive difficoltà di sceneggiatori e registi nel trovare un ruolo adatto a lui. Il primo ciclo cinematografico di Noschese, per intenderci quello degli anni ’60, si chiude con la partecipazione alla serie dei James Tont, con Lando Buzzanca e al modesto Mercanti di vergini(1967), lungometraggio tra il serio e il faceto distribuito nelle sale solo due anni più tardi. In questi anni però il lavoro cinematografico di Noschese è impreziosito da una salda e profonda amicizia con il Maestro del Maestri Federico Fellini, Padrino di battesimo di suo figlio Antonello, nonché suo grandissimo ammiratore. Alighiero è stato spesso doppiatore per Fellini, il quale aveva un progetto interessante, poi purtroppo mai realizzato, che avrebbe dovuto “studiare” Noschese, raccontandolo in un documentario. Nonostante, il suo non fosse un talento completamente coincidente con l’elemento Cinema, il successo nel cinematografo non tarderà ad arrivare, ma bisognerà aspettare l’inizio degli anni ’70 e l’intuizione del produttore Dino De Laurentiis. Intanto prosegue la sua scalata alle vette della televisione italiana, tanto che nel 1969 diviene il personaggio pubblico più popolare d’Italia, con le copertine delle riviste dell’epoca che si sprecano, grazie anche al varietà televisivo del sabato sera “Doppia coppia”: in quella occasione Alighiero Noschese riuscì ad ottenere l’autorizzazione a imitare in televisione i personaggi politici, cosa fino ad allora proibita. Determinante sembra sia stato il consenso del futuro Presidente della Repubblica Giovanni Leone, che tra l’altro era stato suo docente alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli, e che incoraggiò Noschese a proseguire in questo senso. Si pensi a tal proposito, che durante la sua carriera universitaria, incrociò proprio Giovanni Leone, allora professore universitario, e si narra un curioso ed esilarante aneddoto: pare che Noschese, giovanissimo, avesse sostenuto due difficili esami orali (filosofia del diritto e diritto ecclesiastico) parlando con la voce di Amedeo Nazzari al primo esame, e con quella di Totò al secondo. L’iniziativa goliardica filò liscia senza destare alcun sospetto.


La brillante carriera di Noschese proseguì con la seconda edizione di “Doppia coppia”(1970), due edizione di “Canzonissima”, del 1970-71 e del 1971-72, insieme a Corrado e Raffaella Carrà; e con Loretta Goggi in “Formula due”(1973). E’ l’apice della sua carriera, aggiunta anche dal fatto che finalmente inizia una certa consistente carriera cinematografica. Il successo televisivo, infatti, favorisce il suo ritorno dinanzi alla macchina da presa, dove allo scoccare del nuovo decennio inaugura un nuovo excursus cinematografico che, ben più duraturo e fortunato del precedente, lo vede in un espressivo sodalizio con il giovane attore esordiente Enrico Montesano per espressa volontà del produttore Dino De Laurentiis, che ebbe l’intuizione non solo di consacrare Montesano ad un meritato ruolo di protagonista; ma anche di trasmigrare al grande schermo il successo, la simpatia e la popolarità di Alighiero Noschese. Nel giro del quadriennio 70-74, seppur il faraonico contratto era per un quinquennio, Noschese prende parte a 9 pellicole, tutte da protagonista o co-protagonista, e non solo in coppia con Montesano. La felice scelta dell’accoppiata comunque, appare subito evidente con un considerevole successo al botteghino, pienamente sfruttato dal produttore con il quale i due erano sotto contratto in quel periodo. E’ questo il momento in cui Noschese riesce a mettere pienamente in luce le sue doti di attore brillante in commedie di qualità dirette da registi importanti. La dimostrazione che Noschese è anche un grande e valido attore di cinema, non solo stupendo “one man show”. Le storie, scritte e dirette da registi come Mario Camerini, Bruno Corbucci, Franco Prosperi e Steno, sono dipinte sulle qualità straordinarie di Noschese, che ha modo di dare prova delle sue straordinarie abilità vocali e imitative, esprimendole con l’interpretazione di personaggi dai marcati accenti dialettali italiani, quali il napoletano Gaetano Gargiulo ne “Il furto è l’anima del commercio”, il milanese Luigi Gorletti in “Io non vedo, tu non parli, lui non sente”, i toscani Lambertuccio di Cecina in “Boccaccio” e Anselmo di Montebello ne “Il prode Anselmo e il suo scudiero”, o ancora il sardo Giacinto Puddu ne “Il terrore con gli occhi storti”. Tra tante caratterizzazioni riuscite il suo apice è “L’altra faccia del padrino”(1973), strepitosa parodia del famoso film di Coppola, rimane il suo grande capolavoro. Procedendo con ordine, il primo fortunato film del secondo ciclo cinematografico di Noschese, sarà “Io non scappo…fuggo”(1970), primo film in coppia con Enrico Montesano, girato a cavallo tra il 1969 e il 1970, che nelle intenzioni di De Laurentiis, avrebbe dovuto consacrare entrambi come personaggi cinematografici. L’intento fu realizzato, fino a lanciare una nuova coppia del cinema italiano, quella composta da Montesano e Noschese, che insieme interpretarono sette film, tutti di grande successo, per la gioia di pubblico e produttori. Una coppia animata dal grande feeling professionale e personale immediatamente creatosi tra l’attore romano e l’imitatore partenopeo, in particolare Montesano, più giovane e quindi più inesperto di Noschese, vedeva in Alighiero un maestro dal quale trarre e scoprire i trucchi del mestiere per poter sfondare in un mondo così difficile e pieno di ostacoli, come quello dello spettacolo. In questo periodo entrambi si candidano ad eredi dei cosiddetti “mostri” della commedia all’italiana, insieme ad un altro gruppo di attori emergenti. Il tutto accentuato dalla pellicola “Io non vedo, tu non parli, lui non sente”, del 1971, remake dichiarato di “Crimen”, realizzato 11 anni prima, che in qualche modo realizza il passaggio di consegne della vecchia generazione, verso quella nuova, denominata a priori quella delle “nuove leve”. Alighiero Noschese, Enrico Montesano e Gastone Moschin, sostituiscono rispettivamente Alberto Sordi, Nino Manfredi e Vittorio Gassman, i quali convincono in un bel gioco di squadra. La curiosità è che il remake del film, è realizzato dal suo stesso regista, ovvero Mario Camerini, con l’unica differenza che l’azione si sposta da Montecarlo a Venezia, mantenendo pressoché inalterato lo svolgimento della trama. E’ la storia di un gruppo di italiani testimoni involontari di un delitto, con equivoci e guai a non finire. Un lavoro ben scritto e diretto, che ha tanti punti a suo favore, primo fra tutti la capacità di evitare accuratamente le volgarità becere e gratuite dell’epoca. Noschese poi, è particolarmente bravo nel disegnare il suo commendatore milanese, un pò prendendo spunto dal suo predecessore interpretato da Sordi, un pò aggiungendoli note di patriottismo padano: a Moschin che gli dice di essere di Forlì, Noschese risponde “Terùn, per me tutti quelli che stanno al sud del Pò, sono dei terùn”. Chissà che qualche partito politico, nato anni dopo, non abbia preso spunto da questa battuta, per formulare il suo slogan? Mah. Comunque il film venne premiato da incassi molto, molto elevati, che consacrarono definitivamente i tre nella “nuova” commedia all’italiana. Risultò particolarmente riuscita la prova di Noschese, tanto che nella stessa parte di Sordi, sembra essere riuscito a cogliere meglio dell’attore romano, i tic e le nevroticità del personaggio. Il filone d’oro di Noschese e Montesano continua con “Il furto è l’anima del commercio”(1971), di Bruno Corbucci, con la trovata di provocare a Napoli una finta eruzione del Vesuvio allo scopo di aumentare le giocate al lotto; autori dello stratagemma sono una scalcinata banda di truffatori che si propongono di svaligiare un botteghino tra cui Alighiero Noschese barone spiantato ed Enrico Montesano il suo ingenuo nipote, Lino Banfi ed Enzo Cannavale. Di notevole spessore anche “Io non spezzo…rompo”(1971), sempre di Bruno Corbucci, dove i due sono agenti pasticcioni che capitati per caso sulle tracce di un boss mafioso italo-americano decidono di arrestarlo, ma da ultimo finiscono in galera anche loro, con Noschese che si esibisce in una strepitosa imitazione di Mike Bongiorno e del suo Rischiatutto; e “Il prode Anselmo e il suo scudiero”(1972), con i due nei panni del prode Anselmo e del suo scudiero Gian Puccio Senza Terra, che devono consegnare al Papa una reliquia, per propiziare la buona riuscita delle Crociate in Terra Santa. Equivoci, disavventure e incontri, tra cui quello con un curioso frate castratore interpretato da un meraviglioso Macario, a fine carriera. Questo è il film di Noschese che ha incassato di più, quasi un miliardo e mezzo di lire! Esilarante anche “Il terrore con gli occhi storti”(1972), dove due poveracci per farsi pubblicità e sbarcare il lunario organizzano un finto delitto, che però risulterà essere coincidente con uno vero. Guai ed equivoci a catena per una gustosa commistione tra commedia e suspence sospesa sul filo di un black-umor frenetico e coinvolgente. E’ probabilmente il loro miglior film in coppia, con una divertente e dissacrante presa in giro finale dell’Italia corrotta che vive nelle carceri, davvero notevole. L’ultimo film della coppia Noschese-Montesano è un film in costume dal titolo “Boccaccio”(1972), ovviamente ispirato al “Decameron”, e ovviamente ambientato nel Medioevo. Fu anche uno dei maggiori successi popolari del filone inaugurato, dal “Decameron”, di Pasolini, e che fortunatamente,ancora, non è scivolato nella farsa più pecoreccia. Noschese interpreta Lambertuccio da Cecina, reduce dall’assedio di Volterra che non trova più la chiave per la cintura di castità. Vittima degli scherzi dei suoi amici Montesano e Pippo Franco, a fine film sposa la bella Belcolore, dalla ricca e cospicua dote. Terminato il sodalizio con Montesano, per via di alcune differenti vedute artistiche, nei due anni successivi Alighiero Noschese prende parti a due film, che sono definiti le migliori pellicole della sua carriera: “L’altra faccia del Padrino”(1973) e “Una matta, matta, matta corsa in Russia”(1974), conosciuto anche con il titolo de “Le incredibili avventure degli italiani in Russia”. “L’altra faccia del Padrino” è il vero capolavoro dell’Alighiero Noschese attore di cinema, piacevole parodia del famoso film di Coppola con esterni girati a New York, dove Noschese è un fantasista scritturato da una famiglia mafiosa perché rifaccia al telefono la voce del temuto Don Vito Monreale ( sarà s’intende, quella che aveva Marlon Brando nell’edizione doppiata in italiano). Ma l’imitazione fisica del Padrino, fatta da Alighiero è di incredibile talento. E difatti il film ha una particolarità tutta sua, è la pellicola in cui Alighiero Noschese vive il suo massimo momento di gloria al cinema, in cui il suo talento multiforme di imitatore ha in assoluto la più ampia e sbrigliata libertà. Qui la storia è tutta basata sul più classico degli scambi di persona e perciò sul principale talento dell’attore napoletano; quando Noschese imita Totò o Brando è a dir poco sorprendente. E’ la storia di un testimone involontario di un omicidio di mafia, Nick Buglione, che si rivolge al padrino don Vito Monreale per venirne protetto; ma il padrino chiede esattamente la stessa cosa a lui: che lo sostituisca come controfigura per evitare un attentato in vista. Entrambi i Padrini, quello vero e quello finto sono interpretati da Noschese, che incanta la platea e rende al botteghino. Perciò De Laurentiis che fa? Mantenendo inalterato il progetto di co-produzione internazionale, sposta l’ambientazione da New York a Mosca e imbastisce la divertente commedia “Una matta, matta, matta corsa in Russia”, road-movie di eccelso livello, simile,anche nel titolo ai film di Ken Annakin ( “Quei temerari sulle macchine volanti” e “Quei temerari sulle loro pazze, scatenate, scalcinate carriole”), che raccoglievano grossi nomi internazionali, tra cui anche Sordi, Chiari e Buzzanca, in film avventurosi di grande divertimento. E infatti il film, ribattezzato anche “Le incredibili avventure degli italiani in Russia”, è un film comico-avventuroso, girato per davvero in Russia, con trovate spesso nuove, variate e a volte spettacolari. E’ un film molto gradevole e divertente, che annovera attori importanti come Alighiero Noschese, Ninetto Davoli e Gigi Ballista per l’Italia; e Andrej Mironov per la co-produzione russa. Prodotto da Dino de Laurentis e Mosfilm il film narra delle avventure di un male assortito sestetto che cerca a Leningrado un tesoro nascosto. Tra gag e disavventure varie, ci sarà per tutti il lieto fine. Il film è una parodia dei film di gangster molto in auge all’epoca, tutto giocato su ritmi veloci, equivoci e inseguimenti. Noschese interpreta l’infermiere Antonio Lo Mazzo, e come sempre si distingue in bravura e in capacità imitatorie e trasformistiche. Grande successo di pubblico, soprattutto in Russia. Davvero da vedere. Terminato il contratto che lo legava a De Laurentiis, Noschese abbandona il cinema per almeno quattro anni, ritornandovi nel 1978, in quello che è il sedicesimo e ultimo film della sua carriera: “Dalla Cina furia, fifa e karate”, diretto da Sergio Corbucci e interpretato in coppia con Lando Buzzanca. Il film, di limitatissima distribuzione, è una parodia delle pellicole di Bruce Lee in cui i due protagonisti tentano di sventare un attacco all’Onu avvalendosi di ogni mezzo.



Si può tranquillamente dire che in quegli anni, Noschese avesse tutta l’Italia ai suoi piedi, forse l’unico ad essere riuscito a mettere d’accordo pubblico e critica. L’unica branca dello spettacolo italiano che gli mancava al suo repertorio, ovvero il cinema, era diventata piano piano a lui familiare, ed entrò quasi in punta di piedi tra i grandi del cinema italiano. In punta di piedi e quasi con timidezza, proprio come era Alighiero. Perché era timido, gentile, quasi il contrario dell’esuberanza che dava alle sue imitazioni e caratterizzazioni. Ed era anche una persona molto fragile. Fragile sì. Possibile? Dato che praticamente non gli mancava nulla per essere felice? Il lavoro, la popolarità, la simpatia, due splendidi bambini e una moglie? Già, una moglie, che ad un certo punto, nel 1974 decide di lasciarlo. Non stiamo qui a giudicare se sia stato giusto, sbagliato o le cause personali che hanno portato a questa separazione. Certo è che Alighiero ne soffrì molto, soffrì la separazione dalla moglie Edda De Bellis, un’ex impiegata emiliana del teatro Parioli; e soffrì molto il conseguente allontanamento dai suoi amati figli, Antonello, il primogenito, e Chiara, diventata poi attrice teatrale e cinematografica, cantante e doppiatrice. Fu un colpo durissimo, che lo fece cadere in una profonda depressione, che, come spesso accade, ebbe ripercussioni anche sul lato professionale. E non è finita quì. L’anno successivo, nel 1975, per motivi ancora ignoti i rapporti con la RAI si interruppero bruscamente e dovette accettare le lusinghe di alcune neonate televisioni private. Tenne a battesimo Tele Piombino, lavorò per TeleLazio, dove condusse “A letto con…”, e lavorò per l’emittente romana Quinta Rete di Rusconi (la futura Italia 1) proponendo alcune parodie di noti personaggi della politica non trasmesse dalla Rai, perché bocciate dalla rigida censura dell’emittente di Stato. L’ultimo programma televisivo a cui partecipò, “Ma che sera” condotto da Raffaella Carrà nel 1978, con la partecipazione di Alighiero Noschese, Bice Valori e Paolo Panelli, segnò il rientro di Alighiero in Rai, dopo tre anni di silenzio e il suo ritorno alla satira politica. Eppure il programma ha tutta una tragica storia attorno a sè. Venne mandato in onda proprio durante i giorni del rapimento di Aldo Moro. Il caso volle che Noschese avesse già registrato nel dicembre del 1977 delle divertenti gag, imitando tra l’altro lo stesso Moro (oltre a numerosi altri uomini politici): quel materiale, per ovvi motivi, non poté andare in onda, con il Paese non certo nello “spirito giusto” per ridere della politica, in quelle settimane così tormentate. Ma a parte l’imitazione di Moro, che venne giustamente tagliata, la Rai decise comunque di mandare in onda il programma, che si protrasse per sei puntate, ogni sabato sera, dal 4 marzo al 22 aprile 1978. Questo fatto gravissimo e sconvolgente dunque, non fu sufficiente ad impedire la messa in onda del programma. La vicenda si prolungò per un periodo di tempo coincidente con quello delle puntate aggravando ulteriormente la situazione. In un’intervista all’Espresso, la Carrà dichiarò il suo tentativo con i dirigenti Rai di posporre o addirittura cancellare il varietà, senza riuscirci: “Il giorno che rapirono Moro telefonai alla Rai e dissi, vi prego non mandate in onda il mio varietà. E invece andò in onda lo stesso. Rapivano Moro e io cantavo “Com’è bello far l’amore da Trieste in giù”. Mi vergognai così tanto che non tornai più in Italia per molto tempo. La trasmissione venne comunque seguita in media da ben 23.600.000 telespettatori, classificandosi tra le più viste del 1978. Peccato, non era il periodo giusto per il rilancio di Noschese in Rai, poiché quello è stato uno dei momenti più neri in assoluto dell’Italia repubblicana.


In quello stesso 1978 esce anche un bell’articolo su “Sorrisi e canzoni tv”, nel numero del mese di maggio. Noschese aveva da poco finito il programma televisivo “Ma che sera” e si apprestava ad interpretare la pellicola “Dalla Cina furia, fifa e karate”. Ma intanto, ritornato in auge, concedeva un’intervista alla popolare rivista, in compagnia dei suoi due piccoli figli, Antonello e Chiara, con tanto di fotografie a far da corredo. Si trattava di una inedita intervista a tre, fra i due figli di Noschese, Chiara e Antonello ed il papà, in una rubrica dal titolo “Padri e figli”. Quella rubrica andava a raccontare il rapporto dei padri famosi ed i propri figli ed in quell’occasione era protagonista appunto il grande imitatore Alighiero Noschese, che dialogava con i suoi pargoli. Nell’articolo si parte dalla lontananza per motivi di lavoro, che spesso porta i personaggi dello spettacolo a rimanere lontano dai propri figli per lunghi periodi. Papà Alighiero a questo proposito diceva :
“Io ho sempre telefonato a casa ogni giorno anche se mi trovavo in Russia ed in America. Poi quando tornavo portavo qualche regaluccio, cercando di sopperire in qualche modo alla mia assenza.”
Chiara, che allora aveva 10 anni rispondeva : “Magari certe volte invece del regalino avrei preferito avere papà a casa!” Antonello aggiungeva: “Il suo lavoro è quello che è. Specialmente in estate non potevamo mai passare le vacanze con lui e magari ci sarebbe piaciuto tanto”.
La giornalista di Sorrisi, Tiziana Cerusico, chiedeva dei difetti e Alighiero rispondeva che “Chiara è troppo piccina per averne, mentre Antonello dice che è troppo altruista”. Per Antonello papà diventa irascibile come Pannella quando prende un brutto voto a scuola, mentre Chiara gli rimprovera di pensare troppo al suo lavoro. Noschese si era separato da alcuni anni dalla moglie Edda De Bellis, da cui aveva avuto Antonello e Chiara ed arriva la domanda ai figli su come avevano preso quella separazione. Antonello, che allora aveva 13 anni diceva: “C’è poco da dire, se un uomo e una donna non vanno più d’accordo è giusto che si separino. Certo, il guaio magari è sempre per i figli, che vogliono bene a tutti e due”. Ed avere un padre famoso è un fastidio? Chiara diceva: “Mi da fastidio quando tutti mi chiedono il suo autografo e la sua fotografia, vogliono conoscerlo e mi chiedono com’è e cosa dice.”
L’intervista a tre si chiudeva con una domanda sul futuro dei due figli e cioè se Alighiero avrebbe cercato di influire sulle decisioni che riguardavano il futuro di Antonello e Chiara, Noschese rispose così: “Li lascio completamente liberi. Chiara vuole studiare lingue e Antonello laurearsi in legge e sono d’accordo con le loro scelte”. Antonello aggiunse: “Lui dice che è d’accordo con le nostre scelte, perchè gli piacciono. Ma se uno di noi dicesse che vuol lavorare nel mondo dello spettacolo credo che ce lo proibirebbe in ogni modo. Lui è dolce ma quando non vuole una cosa non la vuole e basta”. Ed ecco la risposta di Alighiero Noschese a questa affermazione del figlio Antonello e che fa riflettere: “Ma c’è un motivo serio. E’ che io so quanto questo ambiente sia falso e quanto il mio lavoro sia duro. Ho fatto anni di sacrifici enormi, che non vorrei vedere fare a voi”.
Il caso ha voluto poi che entrambi i figli siano entrati nel mondo dello spettacolo, Chiara come attrice di teatro e di cinema, Antonello come doppiatore. Questo incontro a mezzo stampa di 38 anni fa, ci restituisce l’immagine di un rapporto padre-figli intenso e amorevole, un modo questo anche per riscoprire e far scoprire l’immagine di qualcuno che era molto di più che un imitatore, ovvero il grande Alighiero Noschese. Nulla che lasciasse presagire da queste foto, il tragico epilogo del 3 dicembre 1979. Certo, non erano i fasti di qualche anno prima, ma era pur sempre un rientro nell’ambiente.


Nella seconda metà del 1979, dopo aver passato un’estate apparentemente serena, Noschese è impegnato nella preparazione del suo spettacolo teatrale insieme all’attrice Maria Rosaria Omaggio, dal titolo “L’inferno può attendere”. Il 12 novembre Alighiero sente l’esigenza di sospendere le prove, per l’acuirsi della sua grave forma di depressione e si ricovera nella Clinica romana Villa Stuart. Doveva curare la sua depressione che lo stava incupendo. Ricoverato da ventidue giorni, il 3 dicembre 1979, intorno alle undici del mattino, Alighiero Noschese si tolse la vita all’interno della piccola cappella ospitata nel giardino della clinica stessa, con la sua pistola “Smith & Wesson”, che portava in una fondina sotto la giacca. Aveva solo 47 anni. Le polemiche non tardarono a farsi portavoci di un dubbio diffuso. Perché all’attore, così depresso, veniva concesso di andare in giro con una pistola carica? E perché non furono avvertiti i carabinieri che quella mattina presidiavano in gran numero la clinica nella quale era stato appena ricoverato per un intervento alla cistifellea l’onorevole Giulio Andreotti? E possibile che i reparti speciali dell’Arma non si accorsero di nulla, dal momento che per l’intera mattina del 3 dicembre controllarono tutti i locali (cappella compresa) della clinica? Le versioni relative alla pistola di Noschese furono due ed ancora non è stato possibile capire quale sia quella reale. Secondo la prima Noschese avrebbe imitato la voce di un neurologo e fattosi passare al telefono un internista, avrebbe avuto la notizia di essere affetto da un male incurabile che lo avrebbe portato alla morte di lì a breve. Dunque lui uscì dalla clinica, andò a casa e poi tornò per togliersi la vita. In questo caso, perché tornare e non suicidarsi in altro luogo? La seconda versione vuole che all’imitatore fosse stato consentito di portarsi appresso la pistola perché, lui aveva detto, in questo modo si sentiva più sicuro. Per quale motivo avrebbe dovuto sentirsi più sicuro? Quali erano i suoi reali timori? L’ipotesi di un suicidio simulato fu collegata all’epoca in cui si viveva: quelli erano gli anni di piombo e delle successive strategie di depistaggio per le stragi avvenute nella prima metà degli anni ’70. Il settimanale «L’Espresso» pubblicò nel 1981 l’intervista ad un generale (il cui nome verrà mantenuto nell’anonimato) il quale rivelò che per depistare le indagini sulle stragi in questione si faceva ricorso anche a telefonate affidate ad un imitatore estremamente abile nell’imitare i dialetti regionali e personaggi politici di spicco quali il presidente della Repubblica Leone e l’onorevole Giulio Andreotti. Di più: fra le stragi della prima metà degli anni ì70 figura anche quella avvenuta sul treno Italicus del 1974. Sarà questa inchiesta a portare per la prima volta Licio Gelli e la sua P2 agli onori delle cronache grazie al lavoro del giudice istruttore di Bologna Vella che nella sua sentenza di rinvio a giudizio per la suddetta strage non esitò a definire la P2 «Il più dotato e valido arsenale di strumenti di eversione politica e morale». Fu proprio Il 17 marzo 1981, due anni dopo la sua tragica scomparsa, che il nome di Noschese fu rinvenuto nella lista degli appartenenti alla loggia massonica P2 (tessera n.1777). Fu suicidio o altro, era forse diventato un personaggio scomodo per qualcuno? I dubbi restano, e questo non per screditare la memoria di un grande uomo, di una brava e onesta persona e di un artista inarrivabile per talento e classe, ma perché le circostanze risultano ancora oggi, quantomeno strane e mai chiarite fino in fondo. Ciò alla luce, anche, di tutte quelle coincidenze curiose di cui sopra. L’indagine sulla sua morte fu poi archiviata, ma Noschese non è stato mai dimenticato. I grandi giornalisti italiani lo hanno celebrato: da Enzo Biagi a Giovanni Minoli che nel 2004 nel suo programma di approfondimento storico riservò una puntata al grande attore. Gli sono state intitolate strade a Roma e San Giorgio a Cremano dove è stato sepolto; e anche la prima biografia in assoluto sulla sua vita e sulla sua carriera ad opera del saggista Andrea Jelardi, edita proprio in occasione dell’80esimo anniversario della sua nascita, nel 2012.

E col senno di poi, quel suicidio simulato o no, rimane un peccato, anche alla luce della nuova ventata di ottimismo che investì l’Italia negli anni ’80, complice il ritrovato benessere economico e il miglioramento della situazione sociale italiana. Gli anni di piombo erano stati spazzati, e probabilmente in questo rinnovato clima di buonumore, Noschese avrebbe sconfitto la depressione e avrebbe ripreso a marciare da fuoriclasse con rinnovate imitazioni ed anche con qualche buon film comico popolare, senza contare quel progetto che Fellini aveva in mente e che magari sarebbe stata la ciliegina sulla torta ad una carriera di altissimo livello. Forse erano gli anni ’70 a stargli un pò stretti, forse erano quegli anni di piombo a non aderire al suo modo di essere. Lui aveva bisogno continuamente di prendere spunto dalla realtà, ma quella era una realtà all’epoca, che regalava in massima parte, attentati, macchinazioni politiche, corruzione, ed anche nel cinema non poteva in pieno trovare spazio ( parlo qui dal 1975 in poi, quando le volgarità la fanno da padrone) troppo volgare quello popolare, per un interprete fine come lui; troppo sezionato quello d’autore, per un “folle”, in senso positivo come Noschese. Anche Chiari, che era quello che per personalità si avvicinava a Noschese, venne fatto fuori ad inizio anni ’70 per un’assurda storia di droga e trattato peggio di un criminale. Alighiero Noschese era comunque un artista inimitabile, espressione di un’Italia in bianco e nero che conserva il gusto dell’ironia, quella fatta con classe e talento sopraffino. Quella che, ahimè, ci manca oggi, e che era il talento più prezioso del grande Alighiero, che se ne andò troppo presto.
• Le 16 pellicole cinematografiche di Alighiero Noschese
• “I due della legione”(1962), regia di Lucio Fulci. Con Alighiero Noschese, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. CO-PROTAGONISTA
• “Scanzonatissimo”(1963), regia di Dino Verde. Con Alighiero Noschese, Antonella Steni, Elio Pandolfi. PROTAGONISTA
• “Obiettivo ragazze”(1963), regia di Mario Mattoli. Con Alighiero Noschese, Walter Chiari, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Carlo Campanini. PROTAGONISTA
• “James Tont: operazione UNO”(1965), regia di Bruno Corbucci. Con Alighiero Noschese, Lando Buzzanca. PARTECIPAZIONE STRAORDINARIA
• “James Tont: operazione D.U.E.”(1966), regia di Bruno Corbucci. Con Alighiero Noschese, Lando Buzzanca, Furio Meniconi. PARTECIPAZIONE STRAORDINARIA
• “Mercanti di vergini”(1967), regia di Renato Dall’Ara. Con Alighiero Noschese, Silvio Bagolini, Nino Castelnuovo. CO-PROTAGONISTA
• “Io non scappo…fuggo”(1970), regia di Franco Prosperi. Con Alighiero Noschese, Enrico Montesano, Lino Banfi, Ignazio Leone. PROTAGONISTA
• “Io non vedo, tu non parli, lui non sente”(1971), regia di Mario Camerini. Con Alighiero Noschese, Gastone Moschin, Enrico Montesano, Isabella Biagini. PROTAGONISTA
• “Io non spezzo…rompo”(1971), regia di Bruno Corbucci. Con Alighiero Noschese, Enrico Montesano, Lino Banfi, Ignazio Leone, Giacomo Furia. PROTAGONISTA
•” Il furto è l’anima del commercio!?“(1971), regia di Bruno Corbucci. Con Alighiero Noschese, Enrico Montesano, Lino Banfi, Francis Blanche. PROTAGONISTA
• “Il terrore con gli occhi storti”(1972), regia di Steno. Con Alighiero Noschese, Enrico Montesano, Lino Banfi, Gastone Pescucci. PROTAGONISTA
• “Boccaccio”(1972), regia di Bruno Corbucci. Con Alighiero Noschese, Enrico Montesano, Pippo Franco. PROTAGONISTA
• “Il prode Anselmo e il suo scudiero”(1972), regia di Bruno Corbucci. Con Alighiero Noschese, Enrico Montesano, Erminio Macario, Mario Carotenuto, Lino Banfi, Renzo Montagnani. PROTAGONISTA
• “L’altra faccia del Padrino”(1973), regia di Franco Prosperi. Con Alighiero Noschese, Minnie Minoprio, Lino Banfi, Stefano Satta Flores. PROTAGONISTA
• “Una matta, matta, matta corsa in Russia”(1974), regia di Franco Prosperi. Con Alighiero Noschese, Tano Cimarosa, Ninetto Davoli, Andrej Mironov. PROTAGONISTA
• “Dalla Cina furia, fifa e karate”(1978), regia di Sergio Corbucci. Con Alighiero Noschese, Lando Buzzanca. PROTAGONISTA
• Bibliografia
- “Alighiero Noschese, l’uomo dai 1000 volti”, di Andrea Jelardi, 2012
- “Padri e figli: Alighiero Noschese”, articolo di “Sorrisi e canzoni tv”, del maggio 1978
- “La morte sospetta di Alighiero Noschese, il padre di tutti gli imitatori”, articolo de “IlTempo.it”, del 5 agosto 2016
- Altre documentazioni varie sul cinema di Alighiero Noschese
DOMENICO PALATTELLA
Una opinione su "Alighiero Noschese, tra cinema e televisione: talento e fragilità di un vero artista."