“Non ci sarà mai più un altro Bombolo nel cinema italiano. E ci mancano le sue battute e la sua voce. Il fatto é che Bombolo non era esattamente un attore, era qualcosa di reale, di pesantemente vitale e scatenato, precipitato nel pieno del teatro e del cinema comico italiano degli anni ’70 e primi ’80. Come un meteorite”. (Marco Giusti, critico cinematografico)
L’umanità e la grandezza di Bombolo. Il leggendario Bombolo, il cui vero nome è Franco Lechner, romanaccio che più romanaccio non si può, approda piuttosto tardi sul grande schermo: lo scopre Bruno Corbucci, che subito ne intuisce le singolari doti espressive e il latente potenziale comico. Così da venditore ambulante di stoviglie, Bombolo si trasforma in uno dei caratteristi più gustosi del cinema italiano a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, ottenendo la promozione a “primo attore” sul campo e lavorando intensamente per circa un decennio, interpretando quasi 40 film. L’anno di esordio è il 1976, quando interpreta “Squadra antifurto” di Bruno Corbucci, appunto nel ruolo di un ladro imbranato e simpatico, il Pancia, personaggio che nei film successivi muta il nome in quello più noto di Venticello. Per la verità fu il produttore cinematografico e autore Galliano Juso, che incontrava spesso Bombolo per le strade del centro di Roma mentre svolgeva il suo lavoro di ambulante, ad accorgersi delle sue potenzialità e a proporlo a Bruno Corbucci. Lavoro che in ogni caso, sia pur duro, gli consentiva di tenere un certo tenore di vita e di iscrivere i suoi tre figli ad una scuola privata: una buona educazione e un ambiente più tranquillo, vista la situazione a Roma negli anni ’70. Proprio al termine del 1975, nei suoi fortuiti incontri per le strade del centro di Roma, Bombolo era solito dire al produttore Galliano Juso: “Ah dottò, famme fa’ ‘n filme!”. Così che il produttore ne parlò a Bruno Corbucci e da lì partì la sua sfolgorante carriera tra teatro, nella compagnia del Bagaglino di Pier Francesco Pingitore, e al cinema, dapprima come comprimario e poi come elemento di punta di film chiaramente comici e brillanti. Nonostante divenne ben presto un idolo per tutti, amatissimo e ricercato, il suo spirito popolare non l’ abbandonò mai e quel suo voler rimanere legato alle sue origini non mancava mai occasione di rimarcarlo: quando registi o attori lo invitavano a pranzo, lui rispondeva sempre: “Io magno co’ quelli der popolo come me. E poi voi nun sapete magnà!”. Rimaneva a tavola con gli operai del set, mostrando da subito la sua più totale avversione per la roulotte messa a disposizione per gli attori principali e quindi simbolo della notorietà. Una delle cose che amava di più era cucinare durante le pause sul set, con il suo cappello da chef spariva in cucina per poi ricomparire con pentole piene di spaghetti al dente. A Palinuro, durante le riprese del film “La settimana al mare”(1981), girato insieme ad Enzo Cannavale, con il quale in quegli anni faceva quasi coppia fissa, dopo aver cucinato un’enorme padellata di spaghetti aglio e olio, lasciò tutti a leccarsi i baffi: dal primo degli attori all’ultimo degli operai.

Bombolo amava molto la gente e, quando girava per Roma e lo fermavano per un autografo o una foto, non ha mai detto di no. Non si è mai comportato da star del cinema, pur essendolo; chiedeva sempre “Come te chiami?”, e poi autografava il pezzo di carta. Era sempre rimasto semplice, anche riservato nei suoi affetti personali, ma spesso per beneficenza andava nei centri di recupero per ragazzi tossicodipendenti, ad offrire un pò di conforto e di allegria. Insomma Bombolo è davvero il comico preso dal vicolo e portato sullo schermo. Il fisico grosso e tarchiato, l’inconfondibile dizione romanesca, segnata da una specie di balbuzie lo rendono un’icona inconfondibile del cinema italiano degli anni ’70 e ’80, quello che si piega alla farsa, pur non abdicando alla qualità professionale. Con una voce inconfondibile e facilmente imitabile, Bombolo è il caratterista più amato dal pubblico romano e più in generale dagli italiani. Ma ben presto produttori e registi si accorgono, che è lui la presenza più desiderata dal pubblico al cinematografo, così da semplice caratterista, almeno dal 1979 in poi, viene promosso sul campo come “primo attore”, in grado con la sua semplice presenza di assicurare un sicuro incasso alle pellicole. D’altronde anche in teatro, nel gruppo satirico del Bagaglino, è una presenza irrinunciabile. Proprio Martufello, volto storico del Bagaglino conferma il successo popolare di Bombolo, nel corso di un’intervista: “Bombolo era bravo per davvero, aveva una tale esplosione comica che ridevi pure se spostavi una sedia. Una volta a Bari entrò in scena con un cartello che lo copriva tutto e si vedevano solo le ginocchia: appena la gente in sala capì che quelle ginocchia erano di Bombolo scoppiò subito un fragorosa risata”.

“Inizialmente i guadagni che li derivavano dal teatro erano di gran lunga inferiori a quelli realizzati con il carrettino. Così che anche quando l’impegno teatrale e nel cinema diventò maggiore, lui continuò a svolgere entrambe le attività: la mattina presto andava con il carrettino e la sera, fino a tarda notte, lavorava in teatro o al cinema. Tutto questo per assicurare ai suoi tre figli e a sua moglie Regina una vita serena”.
La storia di Bombolo è una storia fantastica, unica al mondo, e che poteva accadere solo nel nostro cinema, così popolare e popolaresco, così sporco e sudato come nessun’altro al mondo, è la storia di una persona che è diventata attore senza aver mai studiato da attore e senza aver pensato mai che un giorno avrebbe avuto quel tale successo che ha avuto tra televisione e cinema. Marco Giusti, critico cinematografico, nel corso di uno scritto dedicato a Bombolo, disse che precipitò così all’improvviso nel mondo dello spettacolo italiano, “come un meteorite”. E la morte di Bombolo fu improvvisa come la sua apparizione al cinema. Morì nel 1987 stroncato da un tumore incurabile, dopo che l’anno prima aveva già rischiato di morire per una meningite acuta che lo portò a tre giorni di coma. Di Bombolo non c’è nessun attore che non lo ricordi con affetto e amicizia. Anche perché sembra che non ci fosse grande differenza tra il Bombolo della vita e quello dello schermo. Si può chiamare in mille modi, Venticello, Er Trippa, Patacchiola, ma sempre Bombolo rimane. Perché quella di Bombolo è la maschera dell’attore per caso Franco Letchner, quella che gli ha consentito di entrare nel cuore della gente. Ma a differenza di tutti gli altri attori che si sono serviti di maschere, lui era Bombolo anche nella vita, come unica rimane la sua straordinaria capacità di ripescare lo spirito di una Roma sopravvissuta nei vicoli della capitale, attraverso un modo di parlare simile a quello di Aldo Fabrizi, con una spiccata capacità di parodiare tutti, dai pontefici ai politici. E le continue riproposte dei suoi film, 38 nel corso di dieci anni di carriera, dal 1976 al 1986, e il successo incredibile delle stesse pellicole ne hanno fatto a distanza di trent’anni dalla sua morte una specie di monumento comico italiano, risultando essere ben più fresco di molti altri attori lodati dalla critica dell’epoca; così come i film a cui ha partecipato, che oggi godono di una sonora rivalutazione. In definitiva, a tanti anni dalla sua morte, il gergo di Bombolo è diventato di gran moda tra le nuove generazioni, che imitano la sua dialettica sconclusionata, i suoi tic verbali, e dunque la sua popolarità al giorno d’oggi è davvero molto vasta, tanto che in giro per l’Italia si possono trovare numerosi fan club a lui dedicati.

Il cinema di Bombolo. Il suo è un cinema che vive di stagioni, dal 1979, anno della sua definitiva consacrazione, al 1986, l’anno del suo ultimo film, tra protagonista e co-protagonista gira una trentina di pellicole, divise equamente tra commedie sexy all’italiana, spesso in coppia con Enzo Cannavale; quelle poliziottesche al fianco di Tomas Milian; e quelle dirette da Pier Francesco Pingitore satire politiche pungenti e dissacranti con l’intero cast del Bagaglino, da Pippo Franco a Oreste Lionello. Insieme ad Enzo Cannavale grande attore e caratterista napoletano, Bombolo ha condiviso la bellezza di 14 pellicole tra il 1980 e il 1985, entrando di diritto nel novero delle grandi coppie del cinema italiano. Il loro capolavoro, fra tante pellicole leggere ma divertenti è “E’ forte un casino”(1982) di Alessandro Metz, vero e proprio monumento alla loro bravura di attori istintivi dalla sorprendente vis comica. “E’ forte un casino”rappresenta un divertissement di grande effetto comico, tutto incentrato sulla coppia Bombolo-Cannavale, truffatori pasticcioni. Da antologia della risata alcune scene, come quella nella piscina e quella iniziale della truffa agli sceicchi. Nel 1982 Bombolo e Cannavale erano al loro settimo film in un solo anno, segno del grande successo della coppia, regina della “seconda” commedia sexy all’italiana, dopo l’abbandono di Lino Banfi e Alvaro Vitali. Il film, oggi, è uno di quegli stracult, che hanno avuto una considerevole riscoperta, e rappresenta sia pur in un contesto non avulso da volgarità e parolacce, una perla della comicità all’italiana. Quello di “E’ forte un casino” rimane un riuscito tentativo di unire la comicità pecoreccia delle commedie sexy, ad un linguaggio più giovanile, e ad una trama che dà maggiore spazio agli attori piuttosto che alla “bona” di turno. Una farsa giocata sul canovaccio classico della truffa e dello scambio di persona, in cui primeggiano Bombolo e Cannavale, indubbiamente nel loro miglior film di coppia.

Non male neanche la serie dei film vacanzieri iniziata con “La settimana bianca”(1980) e proseguita con “La settimana al mare”(1981), “Una vacanza del cactus”(1981) e “Vacanze d’estate”(1985), che in qualche modo anticipano la moda dei film estivi anni ’80 e dall’altro riportano in vita il genere, che dopo l’exploit degli anni ’60, si era pressocché estinto. Dobbiamo dire la verità, questi quattro film citati si salvano esclusivamente per la verve comica di Enzo Cannavale e di Bombolo. La vera anima del film e di tante pellicole coeve, sono proprio i loro duetti comici, infatti i due insieme facevano scintille. Erano film girati velocemente, in cui gli attori si divertivano parecchio. Resta strepitosa, in tal senso, e molto autobiografica, la scena dell’inno alla carbonara che un grande Bombolo, scatena nella cucina di un ristorante in Grecia nel film “Una vacanza del cactus”. Finzione e realtà si fondono alla perfezione, infatti si racconta che al termine della scena, davvero il lavoro si bloccò per assaporare quella carbonara davvero cucinata da Bombolo sul set. Quì si vede tutta la grandezza popolare di un attore, che non viene dalle accademie, ma che è cresciuto in strada, alla stregua dei più grandi comici “veri” del nostro cinema, ma anche l’amore che l’attore romano aveva per la buona tavola.
Bombolo non era soltanto un caratterista, ma un personaggio vero, di quella Roma verace che è ormai scomparsa dal cinema di casa nostra. Cannavale, dal canto suo, era anch’egli un attore vero, ultimo figlio della commedia dell’arte, che negli anni futuri avrà i suoi momenti di gloria. Insieme i due si trovavano a meraviglia, lo stesso Cannavale nel corso di un intervista rilasciata nel 2011, pochi giorni prima di morire, ricordava Bombolo con affetto: “Ho lavorato con Eduardo, con Totò e ho interpretato oltre 80 film, ma colui che ricordo con più affetto è Bombolo. Era un caro compagno. Un vero amico. Semplice. Umile. Uno dei pochi che non si è mai montato la testa. Mi manca”. Degli altri film della coppia, val la pena citare almeno “Tutta da scoprire”(1981) e “Il sommergibile più pazzo del mondo”(1982). Soprattutto il primo film, farsa sgangherata ma divertente, si regge sulla performance e sull’affiatamento di Bombolo e Cannavale, impegnati nell’affannosa ricerca di una schedina vincente perduta. I due quì sono sfruttati al meglio come corpi estranei vagamente surreali, capaci di scardinare la logica lineare della narrazione. In tutto questo, c’è anche un esilarante finale travestiti da donna e insidiati da uno sceicco, interpretato dal trash Lucio Montanaro.

Ma Bombolo è efficace ed esilarante anche quando non è impiegato in coppia con Cannavale. “W la foca”(1982) ad esempio, si erge come uno dei prodotti della commedia sexy più famosi, anche grazie all’ambiguo titolo. Pensate che l’attore e regista statunitense Eli Roth ha dichiarato in diverse occasioni che per lui il film di Nando Cicero è un must. “W la foca” uscito il 4 marzo 1982 col divieto ai minori di 18 anni, fu sottoposto a sequestro dopo due settimane di circolazione. La censura avrebbe infatti stigmatizzato il riferimento sessuale suggerito dal titolo e chiesto ed ottenuto la confisca. Il titolo pecoreccio ha reso il film un classico della commedia sexy, tanto citato quanto poco visto allora, dato il quasi immediato ritiro dalle sale. Tutto questo almeno fino alla “scandalosa” proiezione nella retrospettiva veneziana sul “cinema italiano segreto” del 2004, che, udite udite, ottenne scroscianti applausi. La pellicola vive di spiazzanti tocchi surreali (a cominciare dalla vera foca che Lory Del Santo porta sempre a spasso in carrozzella) ed esprime una visione personale dell’erotismo che non ha eguali nel genere, tra frustrazioni e liberazioni quasi rabelaisiane. Anche la comicità è diversa da quella tipica della commedia sexy, ed affidata interamente alle doti comiche-naturali di Bombolo, perfettamente a suo agio nella parte dello strambo dottor Patacchiola. Il film è oggi uno dei massimi simboli della commedia sexy italiana, al pari di titoli come “Giovannona coscialunga…”, “L’onorevole con l’amante sotto il letto” o “Il ginecologo della mutua”. Bombolo è ottimo anche nel film “I carabbinieri”(1981), nella parte dell’esilarante ladruncolo Mozzarella, che si trova sempre in mezzo alle azioni dei carabinieri. Cult la scena del festino gay, in cui Bombolo in coppia con Ennio Antonelli (Er braciola), si ritrovano nascosti sotto il letto, mentre il carabiniere scorreggione interpretato da Lucio Montanaro, li bombarda.

Ma Bombolo, in contemporanea, non lascia il suo impegno al Bagaglino, al fianco di Pippo Franco, di Oreste Lionello, di Martufello e degli altri comici del gruppo cabarettistico guidato da Pier Francesco Pingitore. Lo stesso vale quando l’autore teatrale e regista, decide di dedicarsi anche al cinema. Infatti Pingitore ingaggia Bombolo, al pari dell’intero cast del Bagaglino, anche per tutti i suoi film, che confermano al cinema, l’accesa satira sociale e politica, dei quali erano intrisi i suoi spettacoli teatrali. Ne escono film corali come “Scherzi da prete”(1978); “Tutti a squola”(1978) con Bombolo nei panni di un bidello burbero ma dal cuore d’oro; “L’imbranato”(1979), “Ciao marziano”(1980), “Il casinista”(1980), “Attenti a quei P2″(1982), splendida farsa satirico-politica sulla vicenda giudiziaria riguardante la loggia massonica P2 che fece scandalo proprio in quegli anni e con Oreste Lionello nei panni di Licio Gelli, Pippo Franco in quelli del sosia di un fantomatico onorevole Forlotti, e Bombolo in quello del portiere dell’albergo dove si svolgono intrighi internazionali in grado di destabilizzare le sorti dello Stato. Rimane da citare soltanto “Sfrattato cerca casa equo canone”(1983), dove Bombolo è uno spassoso sarto per signora che corteggia la moglie di Pippo Franco, ovvero una Anna Mazzamauro per una volta dispensata dai panni della signorina Silvani. In tutti questi film, la mattina si recitava davanti alla macchina da presa, di sera si correva in teatro al riscuotere il calore e il successo del pubblico. E magari a tarda sera si correva su ai Castelli Romani, come testimoniato, nel corso di un’intervista, da Martufello, volto storico del Bagaglino e grande amico di Bombolo: “Spesso capitava che quando si finiva prima, Bombolo mi diceva ‘Annamo a Castel Gandolfo chè ce sta ‘na fraschetta dove se magna bene’. Stavamo sempre insieme, si andava su ai Castelli Romani, si mangiava, si beveva e poi si camminava per ore in quei paesi di notte, lì e soltanto lì dove si respirava e si respira ancora il profumo della vecchia Roma che non esiste più. Bombolo non era solo comico, lui sapeva anche essere molto serio e con lui si parlava di tante cose, era un uomo molto intelligente. Oggi con Bombolo ci si poteva divertire ancora. Il mio dispiacere più grande è che, se non fosse morto così giovane [n.d.r. 55 anni], con Bombolo avremmo potuto fare tante altre cose, ancora oggi. Bombolo era un vero attore comico e oggi sarebbe stato attualissimo e anche di più. Era un grande artista che non diceva mai ‘Io’, e che soprattutto non si è mai vantato.”

L’altra grande stagione di Bombolo, è quella di Venticello insieme al Nico Giraldi di Tomas Milian, che con il senno di poi, è il personaggio a cui deve il suo successo. Con Tomas Milian, suo grande amico, Bombolo interpreta ben 8 film, spalleggiando il commissario nel risolvere indagini complicate e intricate. Tra questi merita di essere ricordato “Delitto al ristorante cinese”(1981), in cui Bombolo è il cameriere di un esotico ritrovo culinario alle prese- ancora insieme al collega Cannavale- con il cadavere del proprietario. E come dimenticare il travestimento femminile con cui Bombolo compare in “Delitto al Blue Gay”(1984). Le battute che pronuncia in questo film sono diventate famosissime, ripetute da ragazzini entusiastici: “Io so’ innocente dottò, n’ho fatto gnente…mì madre è vedova e mì padre pure…tze”, dice Bombolo, nei panni di Venticello, per discolparsi di un reato contestatogli in “Assassinio sul Tevere”(1979). In “Delitto sull’autostrada”(1982), Bombolo, sempre nei panni di Venticello, è impegnato come allenatore di pugili, con i quali nel finale del film, salva la vita al commissario Milian, e lo aiuta ad avere la meglio su una banda che terrorizza i camionisti: ingerita una fiala di sostanza dopante, destinata ai suoi atleti, prima di scatenarsi nella scazzottata contro i cattivi, esclama una delle sue battute più conosciute: “Mò che ho bevuto Vigorello, ve faccio un culo come n’ ombrello!”, rimasta un cult.

Negli ultimi anni poi, Bombolo viene utilizzato anche per innervare di comicità i film sentimentali del cantante Nino D’Angelo, di cui Bombolo ne fa la spalla. Ne ritroviamo le performance in “Un jeans e una maglietta”(1983) e in “Giuro che ti amo”(1986), l’ultimo film dell’attore romano in cui sono presenti già i primi segni della malattia, smagrito, pallido, non sembra più lui. E’ il film meno amato dai fan di Bombolo, proprio perché mette tristezza e malinconia. Proprio perché tutti preferiscono ricordarsi di Bombolo nel pieno della salute, nel pieno del suo successo e della sua allegria. Anche per questo, ad esempio, la famiglia scelse di far chiudere la bara subito, nel momento in cui una folla incredibile di gente, tra il 21 e il 24 agosto 1987, accorse a rendere l’ultimo saluto ad uno dei personaggi più amati di sempre. La folla che accorse, era paragonabile a quella del funerale di Mario Riva, o ancora a quello di Totò, segno di un amore di popolo inimmagginabile. Tra i più commossi Tomas Milian, che nel corso di un’intervista trasmessa dalla Rai nel 2010, ha raccontato di essersi nascosto dietro una colonna della chiesa affinché nessuno lo notasse e quando il feretro passò davanti a lui, gli diede un affettuoso buffetto, in ricordo di tutti gli schiaffoni che, sul grande schermo, nei panni dell’ispettore Nico Giraldi, aveva rifilato all’attore romano.

Così si concluse la vita terrena di un grande attore del nostro cinema, di una delle poche persone davvero buone che esistono a questo mondo. Nel giro di 10 anni sorse e splendette la stella di Franco Lechner, in arte Bombolo, un attore che nessuno ha dimenticato e mai dimenticherà. Le sue pellicole, le sue interpretazioni saranno rivalutate sempre di più con lo scorrere degli anni, così come è capitato ai grandi comici che sono venuti prima di lui. Bombolo rimane uno degli ultimi volti di un mondo buono, tradizionale, semplice, che non esiste più, ma che sopravvive attraverso i film che ci ha lasciato e le testimonianze di chi lo ha conosciuto ed amato.
P.S. A tal proposito, nel mio piccolo, conservo la testimonianza di un caro amico, scomparso da poco e del quale non faccio il nome per privacy, che nel 1983 era Assessore allo spettacolo nel comune in cui vivo, ovvero Massafra, sito nel profondo sud pugliese. Ebbene Bombolo venne invitato come ospite d’onore nel corso del Carnevale del 1983. Era febbraio, e organizzò una enorme spaghettata, non ricordo se fosse all’amatriciana o cacio e pepe, per la famiglia di questo mio caro amico. Il ricordo che ne è scaturito, anche da parte dei familiari e delle figlie di questo mio caro amico, è il ricordo di una persona stupenda, che amava stare in compagnia. E anche se poi, lo hanno visto e conosciuto soltanto nel corso di quei 2/3 giorni, il ricordo di Bombolo nella loro mente è rimasto indelebile. E questo è uno dei riconoscimenti più grandi, più intensi e più commoventi che aiutano a far capire davvero la vera essenza di un artista che non si era mai sentito tale, e soprattutto di un uomo che non si era mai montato la testa, ma che era grande, grandissimo e dotato di un’umanità difficilmente riscontrabile al giorno d’oggi.
Vi lascio con questo video che ripercorre in pochi minuti la carriera di Bombolo, attraverso le testimonianze di chi lo ha amato, e che contiene anche una rara intervista che Bombolo rilasciò a Pippo Baudo in una puntata di “Domenica In” nel 1983. Nel corso di quella intervista Bombolo rivela anche il perché ha scelto proprio questo nome d’arte e ripercorre le tappe salienti del suo successo, da quando era ambulante e vendeva i piatti, fino ai successi del teatro e del cinema.
•Bibliografia
“E poi cominciatti a fa’ l’attore”, di Ezio Caldarelli
“100 caratteristi del cinema italiano”, di Giraldi, Lancia, Melelli
“Il Mereghetti: dizionario dei film”
Domenico Palattella
Ci sono degli errori, Bombolo nel film ‘sfrattato cerca casa equo canone’ faceva il macellaio, e Pippo Franco invece faceva il sarto…
Lucio Montanaro nel film ‘i carabbinieri’ non faceva il carabiniere, ma il gay scureggione. Se ricordo bene.
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Grande Bombolo ce mamchi….
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