
Erano anni in cui, nonostante la crisi che attanagliava il cinema italiano, e parallelamente alle produzioni dei grossi nomi autoriali e attoriali italiani: da Troisi ad Antognoni, da Mastroianni a Tognazzi, da Montesano a Fellini; vi era un altro tipo di cinema che muoveva i suoi passi e che avrebbe ben presto fatto breccia nei cuori del pubblico. Erano anni in cui stavano emergendo attori brillanti di spiccato talento come Jerry Calà, Christian De Sica, Diego Abatantuono, Massimo Boldi, o ancora attori già affermati come Paolo Villaggio e Lino Banfi. Questo particolare tipo di cinema, che assumerà il nome di “cinema popolare anni ’80” e nel decennio successivo di “cinepanettone”, fu originariamente coniato in senso dispregiativo dai critici cinematografici per indicare un prodotto comico di grande diffusione pubblica, che si caratterizzavano per una certa tendenza a ripetersi nella trama e nelle situazioni, per il tipo di comicità a buon mercato, per la simpatia dei suoi interpreti, nonché per i grandi incassi nelle sale italiane. C’è però una differenza sostanziale, tra il cinema popolare anni ’80 e quello denominato dei cinepanettoni: una certa malinconia di fondo avvolge le pellicole anni ’80, una certa nostalgia fa da contorno alle trame, sia al mare, che in qualche rinomata località di montagna. In ogni caso si badi bene, entrambe le formule, quella del “cult anni ’80” e della successiva trasformazione in “cinepanettone” sono forme di comicità brillante e demenziale, demenziale e non demente, come qualcuno tende a confondere: una cosa è la comicità demente, becera e fine a se stessa, e una cosa la comicità demenziale, che è un genere a se, anche di difficile realizzazione, il quale era nato con la coppia Franchi & Ingrassia e si era poi sviluppata con la commedia sexy all’italiana di fine anni ’70.

Secondo i registi Carlo ed Enrico Vanzina, considerati i padri del genere, la “formula” del cinema popolar-vacanziero anni ’80 sarebbe nata nel 1982 quando, dopo il successo commerciale del loro “Sapore di mare”, il produttore Aurelio De Laurentiis commissionò un’opera simile per l’anno successivo ma ambientata stavolta in una località sciistica, da mettere in programmazione nei cinema nel periodo natalizio. I due fratelli pensarono quindi a una rilettura contemporanea di un film del 1959 interpretato da Alberto Sordi e Vittorio De Sica (padre di Christian), “Vacanze d’inverno”, in cui il regista Camillo Mastrocinque aveva tratteggiato, sullo sfondo di Cortina d’Ampezzo, i costumi italici del tempo. Nacque così nel 1983 il primo “Vacanze di Natale” girato anch’esso tra la regina delle Dolomiti. L’epocale pellicola “Sapore di mare” inaugurò un genere destinato ad avere grande successo in quegli anni e negli anni futuri, i fratelli Vanzina ( Enrico e Carlo) ebbero l’intuizione di rinfrescare una vecchia formula- la commedia balneare anni ’50- con tocchi goliardici e dialoghi parolacciari al passo con i tempi ( Calà, il vero mattatore della pellicola, entra in scena cantando “Per quest’anno, non cambiare, vengo in spiaggia per ciurlare”): e infilano una serie di episodi e di caratterizzazioni semplici ma destinati a rimanere nelle menti del pubblico, con un’accorta e accurata “operazione nostalgia” delle atmosfere spensierate della commedia anni ’50-60, che contribuirà ad aprire il “filone nostalgico precontestazione”. Attraverso una specie di ironico “amarcord” di quei mitici anni- dai successi di Cassius Clay sul ring, alla vittoria di Felice Gimondi al Tour de France, alle serate del “bandiera gialla” sulla riviera adriatica, alla moltitudine di canzoni anni ’60 nella colonna sonora- i fratelli Vanzina riescono nell’intento di riunificare una serie di episodi legati agli amori vacanzieri di un gruppo di personaggi fortemente caratterizzati, con una colonna sonora che riecheggia i maggiori successi commerciali del periodo, riscuotendo in questo modo un successo senza precedenti: 10 miliardi di lire di incassi nel 1982. Girato sulle spiagge della Versilia, e più precisamente di Forte dei Marmi, il film contribuì a lanciare le stelle di Jerry Calà e di Christian De Sica verso la grande popolarità, dopo anni di dura gavetta. Il malinconico finale, immortalato dal primo piano di Jerry Calà, sulle note di “Celeste nostalgia” di Riccardo Cocciante, vale il prezzo del biglietto e simboleggia la nostalgia dei bei tempi andati e della propria gioventù. Un classico come potrebbe esserlo “Questo piccolo grande amore” di Claudio Baglioni, un riuscito mix di romanticismo a sfondo balneare, goliardia di stampo giovanilistico e furbissima colonna sonora che rimane tra i migliori film dei fratelli Vanzina.

L’anno dopo i Vanzina ci riprovano con un altro film epocale: “Vacanze di Natale”, altro grande successo targato Calà- De Sica, pellicola ancora priva della comicità corporale di Massimo Boldi. Il film è una riuscita fotografia in chiave comica dell’Italia vacanziera degli anni ’80, uno specchio ammiccante, scevro di qualsiasi cattiveria e appena aggiornato ai tempi. Un film ancora capace di scatenare nostalgiche reminiscenze comico/musicali grazie anche ad una colonna sonora con hit davvero indimenticabili. Si può considerare in un certo qual modo la versione natalizia (anche se le vicende non si svolgono più negli anni ’60), di “Sapore di mare” dell’anno precedente, di cui ritroviamo alcuni degli interpreti: Jerry Calà, Christian De Sica, Karina Huff. Ancora incassi destinati a rimanere negli annali. Dopo questa coppia di film, le quotazioni di Jerry Calà e di Christian De Sica, crebbero rapidamente. Specie per Jerry Calà, il suo nome rimarrà infatti legato indissolubilmente ai cult movie anni ’80 e ’90, con alcuni tormentoni da lui creati, rimasti nella memoria collettiva: “Libidine”, “Doppia Libidine” e “Libidine…coi fiocchi”. Energia indomabile, parlata inconfondibile e faccia da simpatica canaglia: Jerry Calà, icona del cinema comico italiano e di un periodo dorato, gli anni ’80, continua ancora oggi a coinvolgere e divertire il pubblico giovane e meno giovane, in una riscoperta del cinema popolare, che oggi avvolge la critica specializzata. Alcune tra le pellicole con protagonista Jerry sono divenute col tempo dei piccoli cult, per via dell’intensità e dei tormentoni creati dallo stesso Calà. Dopo averlo lanciato sul grande schermo, con “I Gatti di Vicolo Miracoli”(1980), Carlo Vanzina sceglie Jerry Calà come protagonista, insieme a Diego Abatantuono, di una versione contemporanea di Romeo e Giulietta dal titolo “I fichissimi”(1981): lo scontro Romeo/Calà vs. Felice/Abatantuono, fratello della Giulietta (Simona Mariani)) amata dal primo, è un susseguirsi di gag e risate. Memorabile la trasformazione di Jerry in suburban cowboy. L’esordio alla regia di Marco Risi rappresenta anche il debutto da vero e proprio protagonista assoluto di Calà nel film “Vado a vivere da solo”(1982), una gustosa commedia che vede protagonista il ventiseienne studente fuoricorso Giacomino, che ha l’irriducibile pallino di andare a vivere da solo. Nel bizzarro e sgangherato loft che affitterà, Giacomino conoscerà lo scapolo Giuseppe (Lando Buzzanca) e la francesina Françoise (Elvire Audray), di cui si innamorerà. Altro personaggio memorabile, e in qualche modo inusuale per Jerry Calà, è quello del film “Al bar dello sport”(1983), una delle interpretazioni più difficili – nonchè tra le più ricordate – della carriera attoriale di Jerry: a fianco di Lino Banfi, Calà interpreta Parola, un giocatore d’azzardo affetto da mutismo, che procurerà al personaggio interpretato da Banfi un’ingente vincita al Totocalcio. Una commedia degli equivoci da seguire fino al sorprendente finale. E ancora “Non sono bello, ma piaccio!“. Basterebbe questo iper-tormentone per riportare alla mente Billo, il pianobar sciupafemmine del primo “Vacanze di Natale” ed anche il Luca, riccone figlio del “cumenda”, di “Sapore di mare”, dove un Jerry in forma smagliante si esibisce anche in malinconiche performance canore: celebre Calà che canta la hit “Sapore di sale” di Gino Paoli. Meritevole di segnalazione è poi, un gioiellino misconosciuto della carriera di Calà, protagonista di uno dei cult di metà anni ’80, “Il ragazzo del pony express”(1986) in cui le divertenti peripezie di Ago, impiegato in un’agenzia Pony Express, verranno accompagnate dalla love-story a lieto fine con la bella Claudia, interpretata da Isabella Ferrari.

Nel cinema cult di quegli anni comunque, non c’è soltanto la pur splendente stella di Jerry Calà, datato 1984 è uno dei grandi classici degli anni ’80, nonché uno dei “cult movie” più apprezzati in assoluto, “L’allenatore nel pallone”, con uno straordinario Lino Banfi nel ruolo del leggendario Oronzo Canà. La “Bizona” di Oronzo Canà è entrata di diritto nella storia della commedia italiana, il mondo del calcio viene parodiato da Sergio Martino con tutto il furbo repertorio del caso facendo la gioia dei tifosi, ma anche dello spettatore meno avvezzo al lato sportivo della pellicola. Una delle commedie più scatenate del decennio degli ’80, con un enorme successo di pubblico. Dello stesso anno è anche un’altra commedia corale by Vanzina perfettamente riuscita, “Vacanze in America”. Il cast sembra divertirsi un mondo, gli States sono una perfetta cornice per gag all’insegna dell’italiano medio all’estero e c’è anche Jerry Calà in uno dei suoi ruoli più divertenti, il solito sciupafemmine che vuole “beccare” trapiantato al di là dell’oceano; e un Christian De Sica in abito talare. Tornando a Lino Banfi, il già citato “Al bar dello sport”(1983), è una delle sue migliori pellicole, in cui si racconta il “calcio” dal punto di vista dell’italiano medio sognatore e un po’ sfigato, sempre a caccia di una botta di fortuna che gli cambi la vita e l’iconico “tredici al totocalcio” dello stesso Banfi ritrae alla perfezione un’Italia da “Novantesimo minuto”. Il film regala inoltre a Jerry Calà uno dei ruoli più riusciti della sua carriera, quello del sordomuto “Parola”, che dispensa consigli sul totocalcio. Un tentativo comunque riuscito, di coniugare la comicità dialettale e parodistica di Banfi con quella più moderna e quasi surreale, di Calà.

Si affacciava prepotentemente intanto, un altro dei grandi attori brillanti del periodo, che nel futuro non di rado si cimenterà nel genere impegnato e con risultati più che ottimali, ovvero Diego Abatantuono. Il debutto sul grande schermo recita 1982: e sarà un debutto col botto. Con il cult movie “Eccezzziunale…veramente”(1982), DIego Abatantuono mette a segno uno dei suoi maggiori successi di sempre, riuscendo anche a creare lo spaccato di un Paese che è già lontano anni luce da quello reale: un’Italietta sottoproletaria e piccolo-borghese, cialtronesca e naif, dotata di una virilità incosciente e genuina. La classe comica impeccabile di Abatantuono ha saputo creare icone, modi di dire e tormentoni irresistibili ancora oggi rimasti nell’immaginario popolare, alla stregua di un grande comico. Nel film è ancora il calcio al centro della trama con Abatantuono che si cimenta con ben tre personaggi per altrettanti tifosi: il milanista Donato, l’interista Franco e lo juventino Tirzan. I fratelli Vanzina confezionano una spassosa parodia di stampo calcistico che ancora oggi mantiene intonsa la sua carica comica deflagrante (da ricordare la colonna sonora del film che include la spassosa canzone omonima interpretata da Abatantuono, un altro “must” per le perfomance canore di stampo comico). I Vanzina e Abatantuono proveranno a rifare ed aggiornare il film nel sequel “Eccezzziunale veramente – Capitolo secondo… me” del 2006 e bisogna ammettere che il risultato si rivelerà dignitoso.

E tornando ancora a Lino Banfi, un altro capolavoro del genere “cult” è “Vieni avanti cretino”(1982) in cui un Banfi mattatore dà il meglio di sé nella pellicola diretta dal maestro Luciano Salce, che tra gli altri aveva diretto il debutto del ragionier Fantozzi impersonato da Paolo Villaggio, nel decennio precedente. Il regista, celebrando il repertorio dell’avanspettacolo e della farsa di una volta, confeziona un film di irresistibile comicità, supportato da un Banfi in grande forma. La vis comica di Banfi si adatta dunque perfettamente alla struttura ad episodi, creata dal regista, quasi come se fosse un film di Totò. Alcuni duetti sono davvero irresistibili, come quello con Reder, tutto giocato su doppi sensi sessuali, o quello con Bracardi, impostato invece sulla mimica. Grandi incassi all’epoca, per un classico del “cult movie” anni ’80. Una comicità vecchio stampo, tutta puntata su gag fisiche, ma di sicuro effetto comico. Non si può dimenticare poi, Renato Pozzetto e il suo “Ragazzo di campagna”(1984) in cui interpreta Artemio, un ingenuo contadinotto che dalla provincia si reca in città scoprendo tutte le insidie che cela la tentacolare Milano, ma anche l’amore per Angela interpretata dall’attrice americana Donna Osterbuhr. Uno dei migliori film di Pozzetto affiancato da Massimo Boldi, Enzo Cannavale e Enzo Garinei.

Ma ci sono anche altre pellicole degne di nota, per il loro successo e per le performance degli attori protagonisti: ad esempio “Delitto al ristorante cinese”(1981) è un piccolo grande cult del nostro cinema. Un terzetto strepitoso che vede co-protagonisti Enzo Cannavale, Bombolo e Tomas Milian che per l’occasione veste sia i panni dell’ispettore Nico Giraldi che quelli del cuoco cinese Ciu Ci Ciao. In quegli stessi anni, per l’appunto, salgono alla ribalta sia Bombolo che Enzo Cannavale, strepitosi caratteristi, ormai promossi a furor di popolo “primi attori”, e peraltro spesso in coppia. Il loro capolavoro, fra tante pellicole leggere ma divertenti è “E’ forte un casino”(1982) di Alessandro Metz, vero e proprio monumento alla loro bravura di attori istintivi dalla sorprendente vis comica. Insieme interpreteranno 14 pellicole cult, con titoli come “Il sommergibile più pazzo del mondo”(1982), “Una vacanza del cactus”(1982), “La settimana bianca”(1981), “Tutta da scoprire”(1981) e “La settimana al mare”(1982), pellicole che in qualche modo anticipano sia la moda del film turistico-vacanziero anni ’80, sia la moda del film corale infarcito di battute a raffica.

O ancora, anche se è Fantozzi il personaggio più noto e amato di Paolo Villaggio, non possiamo non citare la prima incursione su grande schermo dI Giandomenico Fracchia per un cult squisitamente “trash” che gioca sul tema del “sosia”, nella pellicola “Fracchia, la belva umana”(1981). E poi, “Attila, flagello di Dio”(1982), trionfo del trash, con un Diego Abatantuono mattatore assoluto per una commedia in cui L’Armata Brancaleone incontra Asterix, una parodia così fuori di testa da risultare oltremodo esilarante. Strepitoso successo di pubblico.
A come atrocità,
doppia T come terremoto e traggedia,
I come ir’ di Dio,
L come laco ti sancue
e A come adesso vengo e ti sfascio le corna!

Ma il genere del “cult anni ’80” non era solo basato sulle performance del singolo attore principale, ma era anche divertimento e gioco di squadra, o più che altro diventò gioco di squadra dalla metà degli anni ’80 in poi. Perchè questo? Perchè produttori e registi intrigati da sicuri guadagni pensarono bene di inglobare più attori protagonisti in un’unica pellicola, un pò come successe negli anni ’60. E così i vari Jerry Calà, Christian De Sica, Massimo Boldi, Lino Banfi, Ezio Greggio, Teo Teocoli, Paolo Villaggio, Diego Abatantuono ( prima del passaggio al genere impegnato) vennero tutti ingaggiati per una serie di pellicole corali, di sicuro successo ( soprattutto per le tasche dei produttori) e dal sano divertimento. Così nacquero film, a loro modo epocali, come “Yuppies- i giovani di successo”(1986) e “Yuppies 2″(1986) ancora ideato dai fratelli Vanzina e realizzati sull’onda del cosiddetto yuppismo, fenomeno di costume proliferante, soprattutto, nella Milano da bere degli anni ’80. La pellicola vede protagonisti Massimo Boldi, Jerry Calà, Christian De Sica ed Ezio Greggio in un affiatato gioco di squadra. Quattro esemplari dell’italiano medio contemporaneo, col mito dei soldi, delle donne e di Gianni Agnelli. Yuppies vuole trattare con i toni della «commedia di costume»– se non dello stereotipo attraverso tic, manie e comportamenti, vedi «l’orologio sul polsino perché sa che lo fa l’avvocato Agnelli, l’easy listening che esce da un compact disc, una partita a squash giocata con gli amici» – una sorta di fenomenologia degli yuppie, giovani “rampanti” che, nelle metropoli del mondo occidentale e capitalista degli anni ’80, trovarono velocemente una realizzazione sociale attraverso la propria professione (spesso nel campo della finanza), la ricchezza da essa derivata e l’ostentazione di vari e talvolta effimeri status symbol del tempo. Inizialmente pensato come un progetto vicino ai toni del Grande freddo di Lawrence Kasdan,[2] in seguito i fratelli Vanzina virarono verso un’opera più leggera e ispirata ai capisaldi della commedia all’italiana,[4] Il sorpasso e C’eravamo tanto amati su tutti, ma che tuttavia sapesse come di «sberleffo» verso quegli anni ’80 non ancora giunti al termine: una pellicola nata come parodia, scritta come fosse un articolo d’attualità, e resa su celluloide per essere soprattutto divertente ma anche, eventualmente, per portare a una riflessione.
« Gli yuppies nel loro lavoro sono bravi, efficienti, preparati. È nel tempo libero, che sono buffi. »
(Enrico Vanzina)
Ideato praticamente in contemporanea con l’esplosione italica di un fenomeno appena importato dagli Stati Uniti – tanto che il produttore Aurelio De Laurentiis, ritenendo poco comprensibile al grande pubblico il semplice titolo Yuppies partorito dai Vanzina, pretese di aggiungere il sottotitolo I giovani di successo –, questo instant movie pone attenzione sui lati meno edificanti dello yuppismo del bel paese, con una generazione di ventenni e trentenni epigoni dei loro «arrembanti e arroganti» cugini d’oltreoceano, all’ossessiva ricerca del successo a tutti i costi, spesso limitandosi a scimmiottare i modi e lo stile di Gianni Agnelli,Carlo De Benedetti e Luca Cordero di Montezemolo – questi «il loro modello perché ha classe, ricchezza, potere e piace pure alle donne. I nostri quattro protagonisti non hanno niente di tutto questo, ma gli piacerebbe tanto raggiungerlo» – e pertanto incapaci di rendersi conto del loro scadere nel ridicolo: «è proprio questo loro aspetto patetico che mi interessa: si sentono così importanti, vanno nei posti più alla moda, girano con Capital sotto il braccio e poi litigano per decidere chi deve pagare il conto al ristorante», riassunsero i Vanzina. La pellicola si struttura in tre sottotrame che, intrecciandosi tra loro, vanno a sciorinare il racconto generale. Il quartetto di protagonisti è formato da un mix tra elementi all’epoca legati al cinema dei fratelli Vanzina, vedi Jerry Calà e Christian De Sica già assieme, negli anni addietro, in Sapore di mare, Vacanze di Natale e Vacanze in America, e facce note soprattutto al pubblico televisivo come due dei mattatori del Drive In che alla tivù italiana stava andando per la maggiore, Massimo Boldi, pure non a digiuno di esperienze sul grande schermo, ed Ezio Greggio, appena salito alla ribalta. Calà è affiancato dalla ventenne Federica Moro, al tempo tra i volti più freschi del cinema italiano, nei panni di un irraggiungibile interesse amoroso. Greggio è invece alle prese con una già affermata Corinne Cléry, nella finzione un’annoiata signora dell’aristocrazia meneghina e madre dell’esordiente Sharon Gusberti, diciassettenne lolita. Recitano in tandem De Sica, l’unico protagonista non supportato da comprimari, e Boldi, costui circondato in scena dal suocero e datore di lavoro Ugo Bologna, dalla segretaria Valeria D’Obici, dal cameriere Isaac George (altro volto noto del Drive In) e dalla consorte Jinny Steffan; fu grazie a questo film che, per la prima volta, si formò davanti alla cinepresa la coppia Boldi-De Sica – coi due che già l’anno prima avevano preso parte, senza tuttavia interagire troppo spesso assieme, ai “Pompieri” –, dando il là a un sodalizio che farà la fortuna del filone cine-panettoniano nel ventennio a venire: «fu in quel momento che ci rendemmo conto che i nostri due caratteri, insieme, erano perfetti», ricorderà in seguito lo stesso Boldi. Nonostante l’ottimo successo riscontrato presso il pubblico, con un incasso totale ai botteghini di circa sette miliardi e ottocento milioni di lire del 1986, la critica ebbe da ridire, nota di demerito venne posta in particolar modo sullo sviluppo dei quattro protagonisti – una combriccola che pesca un po’ dai Vitelloni, un po’ da Amici miei–, sì divertenti, ma ritenuti poco attinenti con la figura dei cosiddetti Young Urban Professional, sia fisicamente che caratterialmente. Greggio, un venditore d’auto più nullafacente che altro, si limitò a portare al cinema la cifra stilistica, tormentoni inclusi, messa in mostra sul palco del Drive In. Calà, un pubblicitario sulla cresta dell’onda ma fin troppo idealista e romantico, nei duetti con il suo direttore (Nicheli) si ritrovò di fatto a replicare un vecchio canovaccio già alla base di un classico quale L’appartamento di Billy Wilder. Boldi, un notaio in qualche modo succube dell’ambiente lavorativo e familiare, diede al suo personaggio una connotazione insicura e indecisa, in bilico costante fra i doveri di marito e i desideri di uomo, quasi a far da contraltare al partner di scena De Sica il quale, andando a interpretare un dentista ambizioso e sfacciatamente latin lover, fu forse l’unico ad avvicinarsi davvero all’estetica, ai modi e soprattutto allo spirito di fondo dello yuppismo.

La moda del film corale continua in quello stesso anno con “I pompieri”, dal cast monstre e dal sicuro successo commerciale. I protagonisti sono Lino Banfi, Paolo Villaggio, Christian De Sica, Massimo Boldi, Andrea Roncato e Ricky Tognazzi. Un gruppo di comici affiatati per una specie di risposta italiana alle “Scuole di polizia” americane, targate Steve Guttenberg e Bubba Smith che avevano avuto tanto successo in quegli anni. Comicità da caserma ma ben assortita, in un gruppo capitanato da Lino Banfi e Paolo Villaggio, che dell’allegra armata erano sicuramente i più esperti. Tanto fu il successo di pubblico, che l’anno dopo venne subito girato il sequel, dal titolo “Missione eroica-i pompieri 2″(1987). Qualche cambio nel gruppo dei protagonisti avvenne, confermati Lino Banfi, Paolo Villaggio, Christian De Sica e Massimo Boldi, Teo Teocoli sostituì invece Ricky Tognazzi come quinto elemento. Il sottotitolo del film recita così: “anche uno scalcinato gruppetto di imbranati può diventare un manipolo di eroi al servizio della comunità”, che è poi un pò la trama stessa della pellicola. Sulla eguale falsariga, in quel periodo Neri Parenti confeziona “Scuola di ladri”(1986) e il suo ovvio seguito l’anno successivo. Il trio di protagonisti composto da Lino Banfi, Paolo Villaggio e Massimo Boldi è così squinternato da risultare alla fine divertente e riuscito. Neanche a dirlo, incassi stratosferici. Ancora sul filone vacanziero è da nominare “Rimini Rimini”(1987), con Laura Antonelli, Jerry Calà e Paolo Villaggio. Celebre l’episodio con Calà che spera di convincere un ricco ingegnere a firmare un contratto per portare a buon termine un importante affare e “affitta” una prostituta (questo è di fatto un remake dell’episodio Eritrea del film La mia signora con Alberto Sordi e Silvana Mangano).

Come si diceva sopra, è in questo periodo che inizia a prendere piede la storica coppia Boldi-De Sica, l’unica vera e duratura coppia cinematografica italiana dopo quella di Franchi & Ingrassia e di Bud Spencer & Terence Hill. Il loro è stato un sodalizio artistico che ha prodotto 24 pellicole in coppia, tra il 1986 de “I pompieri” e la rottura professionale del 2006. Nei primi anni ’90 seguirono Vacanze di Natale ’90 – il film che segnò il vero inizio del sodalizio artistico fra Massimo Boldi e Christian De Sica, i due attori feticcio della saga – e Vacanze di Natale ’91, diretti questa volta da Enrico Oldoini, assieme a Vacanze di Natale ’95 per la regia di Neri Parenti. Nel corso del decennio i Vanzina avrebbero poi replicato la formula con S.P.Q.R. – 2000 e ½ anni fa e A spasso nel tempo 1 e 2, mentre il filone dei cine-panettoni proseguì con De Laurentiis, che affidò la regia delle successive pellicole natalizie a Neri Parenti. I Vanzina sarebbero tornati a girare un film della serie Vacanze di Natale, sempre prodotto da De Laurentiis, solo alla fine del secolo, con Vacanze di Natale 2000. Ci si potrebbe soffermare un pò di più sui due film girati a metà degli anni ’90, quel “A spasso nel tempo”(1996) e “A spasso nel tempo- l’avventura continua”(1997), piccoli gioiellini di prodotto cinematografico popolaresco e sanamente volgare. Un viaggio indietro nel tempo, con una pseudo macchina del tempo, attraverso la preistoria, il rinascimento fiorentino, la Venezia del 1700, la seconda guerra mondiale e gli anni della “dolce vita” a Capri. Un film che ha tanti momenti divertenti, probabilmente il più riuscito della coppia Boldi-De Sica, quello che maggiormente è rimasto nell’immaginario popolare. Gli incassi da record: 22 miliardi di lire, convinsero il produttore De Laurentiis a mettere subito in cantiere il seguito, che riprendendo di pari passo la trama del primo film, ne bissò il successo. E’ comunque un piacere vedere due ottimi attori, nonché grandi comici e facce così familiari, imbattersi in tutte le epoche storiche: nel secondo della serie si aggiungono infatti, il west americano dell’800, la Napoli degli anni ’50, l’incontro con i Beatles a Londra. Anche la critica, pur non essendo propriamente benevola con il film, lodò la celebre coppia, quì di certo al meglio del loro sodalizio artistico:
« Il duo comico, con umorismo greve ma di sicura presa sul pubblico, si divertono a sbeffeggiare situazioni ispirate a Non ci resta che piangere, I vitelloni, la saga di Ritorno al futuro e Accadde domani: telefonini sempre funzionanti, escrementi di dinosauri in bella mostra, Lorenzo il Magnifico (Marco Messeri) e un gruppetto di belle ragazze sono gli ingredienti che, con buona pace dei puristi del cinema, hanno decretato il successo del film uscito – nel rispetto di un tacito appuntamento annuale – durante le festività natalizie del 1996. »
E’ dunque, da questo momento in poi, che si conierà il termine di “cine-panettone”, per lunghi anni monopolio della coppia Boldi-De Sica, che al di là del disprezzo imperante della critica specializzata, avrebbe anche in futuro continuato a divertire il pubblico, con uno standard di incassi sempre piuttosto elevato.

A chiudere l’analisi sul “cinema cult anni ’80”, con alcune gustose appendici protrattesi nel decennio successivo, almeno una menzione meritano gli “Abbronzatissimi” ( 1 e 2) di Bruno Gaburro, rispettivamente del 1991 e del 1993, una sorta di epigono del filone vacanziero e quasi un remake di “Sapore di mare” dieci anni dopo. Tanto è vero che nel cast figura anche Jerry Calà, che del cinema popolare degli anni ’80, ne è un pò il massimo simbolo. Quasi fuori argomento, riguardo Jerry Calà, non si può non menzionare lo splendido “Diario di un vizio”(1993) che è il penultimo film del maestro Marco Ferreri. Per la parte del protagonista Ferreri volle Jerry Calà, attore comico-demenziale di molti film anni ’80, affidandogli un insolito ruolo serio ed impegnato, un po’ come aveva già fatto in precedenza Pupi Avati con Diego Abatantuono per Regalo di Natale nel 1986. L’idea alla base dell’opera è quella di raccontare, nella forma del dramma esistenziale in chiave grottesca, la storia di un uomo qualunque, un erotomane senza particolari qualità, povero, solo, vitale soltanto nel suo essere sempre curioso e voglioso di nuove amicizie femminili con le quali intrattenere fugaci rapporti erotici, credendo così di sfogare i suoi inconfessabili pruriti edipici. Benito, così si chiama il protagonista, ha un lavoro da fallito che odia, viaggia costantemente in tram e dichiara alla fidanzata di “non avere una lira”, arrivando a rubarle la catenina d’oro per saldare il debito con uno strozzino e permettersi il lusso di un lauto pasto. Tutta la storia è narrata attraverso una trama irreale e volutamente poco credibile, inframezzata da sporadiche scene oniriche. La critica lodò pienamente la pellicola, e non solo, anche Jerry Calà, che un pò come i grandi del passato, era stato fino ad allora sempre sistematicamente stroncato dalla critica ( una rivalutazione quasi alla Totò di “Uccellacci e uccellini” verrebbe da dire):
«Film tra i più belli di Marco Ferreri, visualmente raffinatissimo e innovativo, recitato da Jerry Calà con vera bravura, Diario di un vizio, intelligente, divertente, struggente, racconta in uno stile di rara originalità un uomo comune contemporaneo»
L’opera presentata alla 43ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, non ottenne premi, ma venne applaudita convintamente alla prestigiosa kermesse tedesca, un piccolo trionfo di Jerry Calà, la ciliegina sulla torta ad una carriera cinematografica di tutto rispetto.

In conclusione, c’è da dire che anche autorevoli critici, hanno rivalutato il cinema popolare degli anni ’80 e i loro interpreti. Cambiando così un pò il giudizio che si aveva fino ad un quindicennio fa, oggi si considera comunque, una generazione se non d’oro, almeno d’argento quella dei vari Jerry Calà, Christian De Sica, Diego Abatantuono, Lino Banfi: comici di razza, come eguali al giorno d’oggi non se ne sfornano più. Uno stile più unico che raro, le commedie popolari degli anni ’80, sono forse quelle che più affascinano il pubblico di oggi, sarà il pizzico di nostalgia per i bei tempi andati, sarà un pò quel gusto goliardico e non ancora contaminato dalle volgarità dei primi duemila; fatto sta che pellicole, volti e attori di quegli anni sono rimasti indelebilmente allo scorrere, a volte impetuoso del tempo.
Domenico Palattella