
-La commedia sexy all’italiana, anni 70/80.
L’esplosione di un certo tipo di commedia all’italiana, con elementi sexy e banalmente erotici, denominata “commedia sexy all’italiana”( da non confondersi, beninteso, con il becero porno), fu la conseguenza di un vistoso allentamento dei freni censori avvenuto verso la fine degli anni ’60, alle cui origini ci fu anche, un mutamento dei costumi del popolo italiano ed anche europeo, più in generale. Tale influsso secolare non sarebbe tuttavia bastato senza una notevole evoluzione del cosiddetto comune senso del pudore, avvertibile, come già accennato, anche in altri paesi: all’epoca o a poco prima appartengono per esempio i primi spettacoli che in Inghilterra e poi altrove proposero il nudo integrale sul palcoscenico dei teatri. Sempre all’estero, e sempre a partire dall’Inghilterra, ossia da una delle nazioni in precedenza più puritane in materia di erotismo, si erano contemporaneamente cominciati ad infrangere dei tabù linguistici. Quindi non solo liberalizzazione sessuale, ma anche linguistica: due liberalizzazioni che furono ben presto sfruttate dal cinema comico, come sempre prontissimo a impossessarsi di qualsiasi argomento “caldo”. In Italia tutto partì dall’intuizione del maestro Pier Paolo Pasolini nel 1971, con il suo “Decameron”, ovviamente tratto dalle novelle trecentesche del Boccaccio. Il film ebbe un colossale successo di pubblico ( 4 miliardi e 155 milioni di lire), ed è un vivace e suggestivo affresco ,diviso in più episodi, drammatici, avventurosi o erotici, del mondo tardo-medievale. Pasolini, il cui senso dell’umorismo fu sempre assai particolare, aveva inteso celebrare a modo suo la componente carnale, elementare, dell’uomo. Risalendo alle radici dell’età moderna, voleva riscoprire l’individuo partendo dalle sue pulsioni fondamentali, la fame, l’avidità, e soprattutto il sesso; e avrebbe continuato il discorso senza variazioni troppo vistose con i successivi e anch’essi plurimiliardari “Racconti di Canterbury”(1972) e “Il fiore delle mille e una notte”(1974).

Quello che l’immenso favore riscontrato dall’operazione presso il pubblico disse ai produttori fu comunque, primo che la censura era ormai disposta a tollerare argomenti ancora pochi anni prima impensabili; secondo, che l’allegra (almeno teoricamente) rappresentazione di situazioni erotiche era un richiamo sufficiente per ottenere ottimi incassi al botteghino. E per rendere l’operazione divertente ed arrivare al pubblico delle famiglie, non bastava solo il nudo della donna, ma servivano attori che facessero ridere o almeno sorridere; e così attori in gamba, e spesso di gran classe come Lando Buzzanca, Renzo Montagnani o Lino Banfi vennero ingaggiati per questo genere di film di successo, che prenderà poi il nome di “commedia sexy all’italiana”. Dopo i già citati film pasoliniani, vennero poi, una valanga di imitazioni, di film del genere, con una variante importante: attualizzare il contesto semi-erotico trasportandolo ai giorni nostri. Inizialmente in questo genere di pellicole si specializzò la maschera di Lando Buzzanca. Siciliano verace, la scelta dell’attore appare ovvia, in primis quando si riflette alla larghezza con cui la Sicilia rappresentata dal regista Pietro Germi, qualche anno prima con “Divorzio all’italiana”(1961) e “Sedotta e abbandonata”(1964), era disponibile a ospitare le esasperazioni delle lussurie e dei tabù comuni a tutti gli italiani; e in secondo, che in un cinema “alto” dominato dai cinque grandi, era pressocchè impossibile riuscire ad inserirvi, affinando però una maschera popolare ed audace, che darà i suoi frutti. Gli incassi del Lando Buzzanca attore di questo genere cinematografico, furono sempre molto alti, tra tutti si ricordano: “Un caso di coscienza”(1970), “La prima notte del dottor Danieli, industriale, col complesso del…giocattolo”(1970), “Homo ereticus”(1971) di Marco Vicario ( due miliardi di incasso), e soprattutto “Il merlo maschio”(1971) che lanciò la stella sensuale ed erotica di Laura Antonelli, e registrò un grande successo di pubblico. Buzzanca, poi è bravissimo nel disegnare con un pizzico di malizia la parabola ossessiva di un piccolo-borghese frustrato dai tabù sessuali.

Questo genere di commedia all’italiana, adottò anche un doppio termine “boccaccesco”, quindi derivante dalla cultura alta, ma nello stesso tempo popolaresca del nostro paese: boccaccesco in senso letterale, cioè girati addirittura in costume del Medioevo; ovvero boccacceschi nel senso più ampio del termine, farse a sfondo erotico. In tutto ciò, tutto quello che arrivò dopo, anche le farse più becere, ebbero un riferimento culturale elevato, che se da un lato portò parte della critica a storcere il naso, dall’altro, proprio per questo riferimento, che affonda le radici nella storia più remota del nostro paese, portò a rivalutarlo nel corso degli anni. Fino ad arrivare all’oggi, in cui tali film sono oggetto di culto quasi sfrenato, o comunque sono stati rivalutati in pieno, considerati in pratica dei “cult-movie”.

Nacque così la vera “commedia sexy all’italiana”, che nata agli inizi degli anni ’70, ha avuto grande successo in tutto il decennio e fino alla metà degli anni ’80. Articolati a volte in più episodi, questi film contano numerosi epigoni poiché riscossero nelle sale cinematografiche buoni incassi anche a fronte del cast di “big” che ne hanno affollato i set. Da attori di altissimo livello, come Renzo Montagnani, Lino Banfi, Lando Buzzanca, Mario Carotenuto, Alvaro Vitali, Enzo Cannavale e Bombolo; a comprimari di indiscusso valore come Gianfranco D’Angelo, Pippo Franco, Lucio Montanaro. Anche altri importanti attori, hanno offerto sia pur occasionalmente, il loro volto a questo genere di pellicole: Carlo Giuffrè, Enrico Montesano, Lino Toffolo, Renato Pozzetto, Giorgio Porcaro, Vittorio Caprioli, Diego Abatantuono, Alberto Lionello, Massimo Boldi e Teo Teocoli. Esistono poi attori che interpretarono un gran numero di film del filone in qualità di generici o semplici comparse. Tra i più noti Er Braciola (alias Ennio Antonelli) e Jimmy il Fenomeno (pseudonimo di Luigi Origene Soffrano). Per quanto riguarda, poi, le disinibite protagoniste femminili, elemento essenziale per la creazione delle pellicole di questo genere, bisogna ricordare, la sensualità, e in alcuni casi il talento di Edwige Fenech, Barbara Bouchet, Gloria Guida e Laura Antonelli, su tutti. Artiste, prima che donne bellissime, le quali hanno dimostrato nel corso degli anni, al di là del loro fascino, di avere anche delle doti interpretative di tutto rispetto. Meno riusciti a tal proposito, l’utilizzo di altre soubrette o attrici, come Nadia Cassini, Anna Maria Rizzoli, Femi Benussi, Lilli Carati, Paola Senatore: alcune di esse sparite nel nulla, altre datesi all’alcol o alla droga, o altre ancora trasferitesi nel porno vero e proprio. In tutto ciò, anche artiste straniere di ottimo livello, hanno prestato i loro volti, e in fondo anche i loro corpi, al suddetto genere: su tutte Ursula Andress, Sylva Koscina, Senta Berger, Carroll Backer e Joan Collins.

Come accadeva per i film a episodi intrecciati degli anni ’60, anche qui, ma con meno classe, almeno nello stile e nei modi, la trama si sviluppa attorno ad un luogo comune, quali possono essere una caserma, le scolaresche, l’ospedale, uno studio medico, le vacanze al mare e così via. Le presenze più assidue sono quelle di Edwige Fenech e Barbara Bouchet al femminile, e di Renzo Montagnani, Lino Banfi e Alvaro Vitali al maschile. La fase femminile del film poliziottesco si è inserita prepotentemente nel genere erotico, anche se è iniziata dalla pellicola di Steno: “La poliziotta”, del 1974; film, quest’ultimo, ancora sul versante della commedia “ufficiale”, con evidenti, per l’epoca, risvolti sociali e politici. Da qui la poliziotta fu subito trasformata e incarnata da Edwige Fenech con il successivo e dichiarato “La poliziotta fa carriera” (1976) fino all’ultimo film della serie che è del 1981. “La pretora” di Lucio Fulci (1976) è poi il primo nudo integrale dell’attrice, ed è invece una satira sulla magistratura che vigila sul comune senso del pudore. Molto sfruttato, poi il filone medico del genere, un esempio su tutti “Il ginecologo della mutua”(1977), parodia del “Medico della mutua”, qui interpretato con assoluta classe dal grande Renzo Montagnani, in mezzo ad un nugolo di nudi e di scene non certo di alto gusto. Comunque incassi altissimi. Il genere vacanziero è poi, quello che dà più spunti alle storie, e dava la possibilità di inserire nel film, spesso insieme, tutti i protagonisti del genere, da Lino Banfi, a Alvaro Vitali, alla Fenech e a Montagnani. Celebri i divertenti film “La moglie in vacanza…l’amante in città”(1980) o “La moglie in bianco, l’amante al pepe”(1981), il primo con Renzo Montagnani, che come al solito diverte e convince, e il secondo con la tiritera pugliese dello scatenato Lino Banfi. In mezzo ad una marea di film, non di livello eccelso, sono da segnalare due pellicole tra le più divertenti dell’epoca, con la scelta di ridurre i nudi, per dare spazio alle scene da “pochade” alla francese e alle gag dei talentuosi protagonisti. “Dove vai se il vizietto non ce l’hai?”(1979) è considerata una delle commedie erotiche più divertenti e audaci del cinema italiano, che si segnala per la verve del duo di protagonisti, Montagnani-Vitali, nei panni di due imbranati investigatori privati, e per le gag metacinematografiche di ottimo gusto, con Montagnani che commenta “sembra di essere in un film porno” mentre è a letto con Paola Senatore ( in seguito attrice hard) o Vitali che viene continuamente paragonato all’attore americano Dustin Hoffman. Incassi altissimi. L’altro film da segnalare è “Il vizio di famiglia”(1975), sempre con Renzo Montagnani e Edwige Fenech, che dato il grande successo di pubblico, è considerato tra i primi film di tale genere di successo. Strepitosi i funambolismi porno-verbali di Montagnani, come sempre divertente. Accanto a questa prima fase della “commedia sexy all’italiana”, a partire dai primi anni ’80 se ne crea una seconda, che conserva Renzo Montagnani, quasi sempre presentato come una “guest star” e sostituisce Banfi e Vitali, con Bombolo ed Enzo Cannavale, e Edwige Fenech con Anna Maria Rizzoli, Nadia Cassini o Licinia Lentini. Ne escono fuori titoli cult come “E’ forte un casino”(1982), “Una vacanza del cactus”(1981), “La settimana al mare”(1981), “Tutta da scoprire”(1981) che lanciano Bombolo e Cannavale come coppia comica vera e propria, in grado di oscurare la bellona di turno. Ritornando a Montagnani, val la pena segnalare anche lo splendido discorso sull’arma dei carabinieri, pieno di pathos e di amore per la divisa che Montagnani, con una classe come pochi, interpreta in maniera quasi struggente nel film “I carabbinieri”(1981), nei panni di un Generale dei carabinieri. Un inno al lavoro che ogni giorno svolge l’arma dei carabinieri per il bene della comunità, in un’analisi complessa e precisa. Una roboante sintesi evocativa ben argomentata e piena di riferimenti.
Un estratto dal film “I carabbinieri”(1981), con uno straordinario Renzo Montagnani nei panni di un generale dei carabinieri. Nel mezzo lo splendido e struggente discorso di Montagnani, sul nobile impegno che ogni giorno mettono i carabinieri nel difendere la comunità, e sull’onorabilità del loro lavoro.
In seguito vennero i “Pierini”, interpretati dal volto storico di Alvaro Vitali, la parte più becera e bassa, di un genere che non si distingueva certo per il suo eccelso livello culturale. Eppure molti e importanti registi vi si sono cimentati: dai primi film di Pier Paolo Pasolini, a registi di livello come Pasquale Festa Campanile, Lucio Fulci, Marino Girolami, Sergio Martino, Mariano Laurenti, Nando Cicero e altri ancora. Tutto sommato è encomiabile, e per altro corrisponde al vero, la definizione che Renzo Montagnani usava di sè, e che possiamo estendere ad almeno un paio di altri attori e attrici ( Lino Banfi o Edwige Fenech):
“I film grossolani sono una scelta remunerativa, ma io uso definirmi migliore dei miei film”.
(Renzo Montagnani sul suo tipo di cinema)
Strano, ma vero, la critica si era accorta di questo, soprattutto riferita a Renzo Montagnani in particolare, apprezzato dalla critica, da registi “illuminati” come Monicelli e la Wertmuller; e da giornalisti e scrittori come Indro Montanelli e Mario Soldati. Poi, bisogna anche evidenziare, come esaurito questo genere, chi davvero aveva talento interpretativo, ha avuto tempo e modo di dimostrarlo nell’ultima metà degli anni ’80 e nei successivi anni 90 e 2000: Lino Banfi e Renzo Montagnani su tutti, hanno avuto modo di dimostrare il proprio valore in teatro e in tv, in una nuova grande carriera da artisti impegnati. Il primo tra film d’autore e fiction di successo; il secondo nel teatro impegnato recitando Goldoni o Shakespeare, nel cinema impegnato con la seconda e la terza parte degli “Amici miei” o con il film “La giacca verde”, tratto da un racconto di Mario Soldati, o ancora in tv nei panni di “Don Fumino”(1994), frizzante ma bonario parroco di provincia, nell’omonima fiction. Purtroppo, quasi prematuramente un tumore ai polmoni ce lo portò via nel 1997, alle soglie degli anni ‘2000, privando lo spettacolo italiano di un grande e sfortunato artista. Qui di seguito proveremo a ricostruire le fasi salienti della sua carriera, il suo grande talento e la sua estesa umanità, in una vita segnata da tanti momenti brutti e poche gioie. Un artista che merita di essere ricordato, ma che ancora oggi, e di questo ne avrebbe piacere anche lui, è ricordato e ammirato soprattutto dalle nuove generazioni: e non è poco!

– Il caso di Renzo Montagnani: un grande e sfortunato talento amato da pubblico e critica
Nella commedia cosiddetta sexy degli anni ’70, il grande Renzo Montagnani oltre ad esserne una presenza fissa, ne rappresentò un lusso: avere in questi cast un attore del suo talento e della sua fama non fu roba da poco, non tra gli ultimi la certezza di sicuri guadagni alla pellicola data dalla sua enorme popolarità. Eppure Renzo Montagnani era ammirato anche dalla critica che di lui diceva: “l’unica luce nel deserto di un genere altrimenti deprecabile”. Fu molto ammirato anche da scrittori importanti come Indro Montanelli e Mario Soldati; e ha avuto anche le tanto meritate prove nel cinema impegnato, da dove peraltro ne uscì assolutamente vincitore: su tutti il barista Necchi nel secondo e terzo atto di “Amici miei”. Il suo Necchi è così perfettamente disegnato da Montagnani, che in un sol colpo cancella quello del pur bravo Duilio Del Prete che era stato volutamente sostituito dall’attore toscano proprio per volere del regista Monicelli, che già aveva provato inutilmente ad ingaggiare Montagnani per il primo capitolo della serie. Non potè poi farlo, perchè Germi aveva già messo sotto contratto il gruppo. Peraltro il Necchi rimasto nella memoria collettiva è proprio quello di Montagnani. La scelta era poi caduta, quindi, su di lui, sia per la fama di grande interprete che aveva, sia perchè molto apprezzato dal maestro Mario Monicelli, che del film era il regista.
« Amo il mio lavoro e lo faccio sempre con slancio. Non dico mai le battute del copione, anche perché spesso i copioni non esistono ». Renzo Montagnani.

E’ qui sintetizzata l’essenza e l’umiltà di un attore cresciuto a contatto con i grandi del cinema, a metà degli anni ’50, a poco più di 20 anni entra in compagnie teatrali di primissimo livello, quali quelle di Enrico Viarisio e soprattutto di Macario. E qui si fa letteralmente le ossa e costruisce il suo bagaglio interpretativo. D’altronde Montagnani era uno dei pochissimi attori dell’epoca ad essere laureati, e non in recitazione, ma in farmacia, essendo nipote di farmacista ed avendo conseguito la laurea negli anni ’50 a Milano. Quindi un attore intelligente che ha anche, quindi, un assoluta padronanza della lingua italiana, pur con l’accento spiccatamente fiorentino. Nato per caso ad Alessandria nel 1930, Montagnani si era affermato come interprete dotatissimo nel teatro “impegnato” recitando testi di Shakespeare, come “La dodicesima notte” e di Svevo, nella stupenda riduzione di Tullio Kezich, del capolavoro “La coscienza di Zeno”.

Ma fu il cinema a dargli la massima notorietà, sfruttandolo nel filone della commedia sexy all’italiana, genere che gli diede notevole popolarità in quel periodo, nonché il soprannome di “Ginecomico”. Sebbene abbia recitato in questo filone già agli inizi degli anni settanta con il dittico “Quando le donne avevano la coda” e “Quando le donne persero la coda” e con i decamerotici “Una cavalla tutta nuda” e “Jus primae noctis”, l’attore si afferma sul finire del decennio con i cosiddetti film trash come “Il vizio di famiglia”(1975),”Il ginecologo della mutua”(1977), “La soldatessa alla visita militare”(1977), “La soldatessa alle grandi manovre”(1978) e “L’insegnante va in collegio”(1978), per citarne alcuni.

ll successo lo aveva pero’ raggiunto inciampando in un film, per la verità anche molto divertente, ma da molti considerato un filmaccio, intitolato “Il vizio di famiglia” (1975), capostipite di una lunga serie di commedie sexy all’italiana. In famiglia, stante la presenza di un figlio che richiedeva cure, c’era sempre bisogno di denaro; e Renzo non se la senti’ di voltare le spalle alla fortuna che gli era caduta addosso. Nelle situazioni scabrose la buttava in ridere; e tento’ anche, nelle interviste, di difendere quei film spesso indifendibili. Di se’ diceva: “Sono il profeta del sexy – comico”; e si sbilancio’ fino a bandire “la crociata del sedere contro quella della violenza”. Pero’ sovente l’attore si riscattava con splendide sortite in televisione (acclamato il personaggio di Don Fumino, iracondo e bizzarro prete di campagna); o con interpretazioni cinematografiche di tutt’altro rilievo, vedi “La giacca verde”(1979) di Franco Giraldi, dove riscosse l’ammirazione dell’autore del racconto originario, Mario Soldati; oppure “Giocare d’azzardo”(1982), in formidabile coppia con Piera Degli Esposti, per la regia di Cinzia Torrini. Ma tra gli 80 e più titoli della sua filmografia c’e’ da scegliere fior da fiore e da scoprire, perfino nelle situazioni becere e disonorevoli, il segno di un talento virtuosistico, di un umorismo a colpo sicuro. E poi, in mezzo ai periodici e quasi sempre rigeneranti ritorni al teatro, da ricordare è la sua geniale personificazione del protagonista di “La coscienza di Zeno”, nello spettacolo del cinquantenario della morte di Italo Svevo (1978), allestito a Trieste da Franco Giraldi. In quell’occasione Montagnani oso’ riprendere l’antieroe creato anni prima da Alberto Lionello, dando un piccolo dispiacere all’amico e collega che in un ristorante lo affronto’ gridando: “Zeno sono io!”. Fu in quella e altre situazioni, come nel secondo e terzo atto delle avventure della banda degli “Amici miei” che il lavoro dell’attore rivelo’ il segno di un talento interpretativo di prima grandezza, che con un po’ di rigore e di fortuna (in vita sua, non si puo’ dire che il nostro ne abbia avuta molta, anche considerando gli ultimi anni trascorsi a lottare contro la malattia) avrebbe potuto dare frutti piu’ continuativi. A ogni appuntamento fatidico non gli manco’ tuttavia il consenso della critica, pronta sempre a perdonare al “Ginecomico” le continue scappatelle nell’universo della risata. Arriva poi il 1982, e resta memorabile la sua interpretazione di Guido Necchi in Amici miei – Atto II° e Amici miei – Atto III° (1982 e 1985), un pò la grande prova d’attore che mancava a Renzo per entrare definitivamente e meritatamente nell’olimpo del grande cinema. Ironia della sorte, anni prima si era inutilmente battuto per ottenere il ruolo di Philippe Noiret nel film “Amici miei” (1975), ereditato da Mario Monicelli in morte di Pietro Germi, riuscendo solo a farsi accettare come doppiatore; salvo poi entrare a pieno titolo nel groppuscolo dei burloni, sempre piu’ canuti, nei due successivi sequel. Forse il personaggio in cui meglio si identifico’ (“Questi siamo noi fiorentini del bar Gilli” ripeteva) e quello per il quale il pubblico lo ricorda piu’ distintamente. Sul set non sfigura al fianco di Ugo Tognazzi, di Philippe Noiret o di Gastone Moschin, anzi a tal proposito proprio lo stesso Renzo disse del film:
« Moschin, Ugo, Celi ed io vivevamo in un superclima di amicizia. Ugo è l’unico tra di noi che non ama fare gli scherzi. Io, invece, da buon toscano, mi diverto ad organizzare dei tiri a tutti »
(Renzo Montagnani sul secondo e sul terzo atto dei film “Amici miei atto II e atto III)

Eppure a questo punto una domanda sorge spontanea: il perchè un attore della sua classe e del suo talento, così limpido e sopraffino, accettasse qualunque proposta di lavoro gli venisse fatta, anche e soprattutto quelle della commedia sexy? L’umile e umanissimo Montagnani custodiva un segreto, ai più sconosciuto, ma che ne condizionò se non la carriera, la libertà di poter selezionare le proposte che gli arrivavano. È noto, infatti, che Montagnani dovette anche accettare a lungo questi ruoli per poter coprire le spese ingentissime per le cure del figlio Daniele, gravemente malato (segnato da una lesione subita durante il parto, nel 1977) che era ricoverato in maniera permanente presso una clinica di Londra. A tal proposito in un’intervista rilasciata al regista Luciano Salce nel 1980, mentre conduceva una trasmissione televisiva sul primo canale nazionale, Renzo ricostruisce proprio il motivo di questa carriera frenetica e del suo sacrificio fatto per amore del figlio.
Alla domanda di Luciano Salce, “Dobbiamo dire due parole sul fatto che non fai sempre film di prim’ordine”, Renzo Montagnani mentre fuma una sigaretta e colloquia amichevolmente, risponde così: “si, non considero nessuna cosa nel nostro mestiere di primo o di secondo ordine. Sono schedato come attore di serie B, perchè nel cinema esiste categorizzare le cose, a me va bene lo stesso perchè io faccio con lo stesso impegno sia questi filmetti, che i testi impegnati in teatro, o quei film impegnati che ogni tanto mi vengono offerti. Anzi, forse questi filmetti sono più difficili da fare rispetto ad un testo alto, magari tratto dalla letteratura, perchè quando hai un testo importante sotto, ti hanno chiamato per le tue capacità, e quindi non è poi difficile fare Shakespeare, Goldoni o Miller…è molto più difficile far ridere, scherzando o giocando con i seni delle varie partner. Anche perchè adesso diciamolo, questi filmetti, come li chiamano loro, non hanno nulla di sconcio, si, qualche casto nudo, niente di più, e poi dico, sono film permessi anche ai quattordicenni, non ci sono parolacce, tranne in qualche caso sporadico, e poi sono quelle che sentiamo mille volte nei cinema di primissima categoria o in giro. Io con lo stesso impegno con cui ho interpretato Shakespeare in teatro, faccio i miei filmetti, anche perchè io non guadagno molto, a discapito del fatto che i film che faccio incassino tanto, non prendo le cifre che prendono i cinque big (ndr. Gassman, Sordi, Manfredi, Tognazzi e Mastroianni)…ed è anche giusto, perchè hanno dedicato la loro vita, la loro carriera al cinema…io ne devo fare tanti, diciamo per bilanciarmi, ed anche perchè purtroppo ho delle spese pazzesche familiari, per tante ragioni, perchè se in Italia esistessero delle strutture valide per curare dei bambini malati non avrei bisogno di fare tutti questi film così indiscriminatamente senza poter scegliere. Comunque, io sono contento così, la mia carriera per fortuna prosegue incalzante”.

Infatti oltre ai già citati due film del trittico di “Amici miei”, sono numerosi i film piacevoli, dove la recitazione di Montagnani è perfetta, tanto da mettere daccordo critica e pubblico. Se del genere della commedia sexy da evidenziare sono soprattutto farse divertenti come “La moglie in vacanza…l’amante in città”(1980), “Il marito in vacanza”(1981), e “Dove vai se il vizietto non ce l’hai?(1979) che è considerata una delle commedie erotiche più divertenti e audaci del cinema italiano, e si segnala per la verve del duo di protagonisti, Montagnani-Vitali, nei panni di due imbranati investigatori privati; nel genere impegnato la bravura di Montagnani fuoriesce in due importanti film, “La giacca verde”(1979),ispirato all’omonimo racconto di Mario Soldati e nel film tv “Giocare d’azzardo”(1982) diretto da Cinzia Th. Torrini. In particolare, per “La giacca verde”, la critica, che pure era sempre stata molto clemente con Montagnani, ebbe stupende parole di elogio per la sua memorabile interpretazione:
“Rispettoso come si dichiara della letteratura, Giraldi si è accostato al racconto di Soldati con scrupoloso spirito di aderenza, anche se si è logicamente permesso qualche libertà. (…) Ne hanno tratto evidente beneficio le psicologie dei personaggi, che risultano delineate con felice precisione, e seguite nel loro sviluppo con una finezza di autentico sapore, trovando piena rispondenza da parte degli interpreti: un sobrio, sensibile, umanissimo, perfetto Montagnani.”

E in effetti nei panni di un timpanista di un’orchestra, Montagnani dà il meglio di sè, sfoderando forse la migliore interpretazione della sua carriera, in un film, che è tra le migliori opere in assoluto della fine degli anni ’70. Al suo fianco un altrettanto sublime Jean Pierre Cassel. Un film che rasenta il capolavoro, pieno di sfumature, non banale, pulito ed ordinato, che ebbe anche un ottimo successo di pubblico, al quale contribuì non poco l’apporto delizioso di Montagnani, che non ha mai recitato così bene, come in questa ottima riduzione diretta da Franco Giraldi.

“La giacca verde” è poi uno dei migliori film per quanto riguarda il passaggio dalla letteratura al cinema, un racconto che nel passaggio dalla pagina allo schermo ci ha guadagnato in limpidezza e concretezza quotidiana. Mario Soldati, che nè è l’autore del racconto, arrivò a dire: “è il mio miglior film. Interamente mio, ma nello stesso tempo interamente di Giraldi. Renzo e Jean-Pierre sono stati sublimi, e rileggendo oggi il romanzo, effettivamente allora, quando l’ho scritto pensavo alle loro facce e alle loro movenze”. A questo punto val la pena enunciare in breve la trama, che narra di un celebre direttore d’orchestra di nome Salvini (Cassel), che si trova in imbarazzo a dirigere il timpanista Romualdi (Montagnani), che aveva conosciuto ai tempi della lotta partigiana. Romualdi, allora, si spacciava per un famoso direttore d’orchestra, e Salvini gli aveva giocato uno scherzo crudele per godere delle grazie di un’ex diva del regime. Ma vent’anni dopo le parti si invertono e sarà il timpanista a giocare un brutto scherzo al direttore d’orchestra, in un gioco crudele e sottile di perfida efficacia.
E come non si può, poi, non restare ammaliati dallo splendido discorso sull’ utilità e sul bene comune dei carabinieri, che nel film “I carabbinieri”(1981), un delizioso e poetico Montagnani compie, interpretando sublimemente un generale dell’arma.

Per tutto questo Renzo era poi molto apprezzato da un illustre scrittore e giornalista come Indro Montanelli, il quale dedicò all’attore toscano le seguenti parole all’indomani della sua morte avvenuta a Roma il 22 maggio 1997. “Un uomo pulito, ma sfortunato” “Una bravissima persona, un uomo bello, cioe’ pulito”. Cosi’ Indro Montanelli tratteggia di primo acchito il ricordo dell’attore Renzo Montagnani, che diresse nel ’61 nel film “I sogni muoiono all’alba”, la sua prima e unica regia cinematografica. Quella pellicola, la storia di un gruppo di giornalisti inviati a Budapest mentre i carri armati sovietici invadono la citta’, segno’ il debutto dell’attore toscano sul grande schermo. “Ma lo chiamavo sempre – continua Montanelli – ogni qual volta io facessi cose in teatro, soprattutto atti unici, perche’ ci intendevamo subito a meraviglia, un compagno di lavoro ideale. E non perche’ era toscano, io dei miei conterranei anzi diffido. Ma Renzo ne aveva preso le qualita’ migliori. Appunto per questo ci intendevamo”. Renzo Montagnani, pero’, aveva un “segreto” nella sua vita privata, un grande dolore causato dalla difficile situazione di salute del figlio Daniele, che aveva subito lesioni durante il parto. “Questo figlio ora ha trent’anni, se ne sta in qualche angolo della Gran Bretagna – racconta Indro Montanelli -. Renzo Montagnani e sua moglie Eileen, una bella donna inglese (una ex Blue Bell, n.d.r.) gli hanno dedicato tutto. Era per procurarsi il denaro necessario a pagargli le cure che lui non si faceva remore ad accettare offerte di lavoro molto al di sotto delle sue possibilita’. Anche come attore ha sacrificato il suo talento, che era grande, accettando qualsiasi cosa. Una vita disgraziatissima, la sua, da questo punto di vista”.
E per finire, anche la testimonianza di un altro grande artista come Mario Monicelli, può far capire la considerazione che il mondo dello spettacolo nutriva nei confronti di Montagnani (peraltro Monicelli volle lui stesso Montagnani per il secondo film delle avventure di “Amici miei”, dopo averlo scartato sette/otto anni prima, perchè non lo riteneva ancora un attore pienamente maturo):
“Aveva dentro di sè un tale dolore, una continua opera di sollecitudine verso questo figlio che lo aveva reso proprio molto molto sensibile. Una grande carriera: teatro alto, cinema di genere e televisione. Un attore amato dal pubblico e dalla critica, che però gli rimproverava di non essersi saputo valorizzare, interpretando quelle farsacce del cinema sexy all’italiana”.

Renzo Montagnani, godette di uno strepitoso successo anche in tv, con il personaggio di Don Fumino, figura di sanguigno parroco toscano che verrà in seguito ribattezzato “Don Fumino” per via del suo intercalare: «Eh, io son fumino, se ‘un le dico mi sento male!», e nel 1994 Montagnani interpreterà anche una sitcom omonima come protagonista, suddivisa in 26 episodi di un’ora l’uno e con ascolti più che eccellenti.

Un attore tra i più grandi del nostro cinema, ed anche tra i più sfortunati, dotato di grande classe interpretativa ed indubbia umanità, umiltà e generosità. Riservato, era anche riservato, ma rispettoso di tutti e rispettato anche da tutti i suoi colleghi. Ma tante volte con il tempo, le cose si ingarbugliano, le distanze si riducono o addirittura capovolgono e Renzo Montagnani è molto più amato e attuale di altri grandi attori della sua scuola o del suo tempo: un’eredità artistica importante consegnata ai posteri, per un attore umile e generoso, ma grande, davvero grande.
Un artista con la A maiuscola!
Domenico Palattella
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Renzo Montagnani ha sempre dimostrato di essere un vero uomo che cerca belle donne e che non si vergogna del fatto naturale che l’uomo è attratto dai peccati. Tanti attori fanno invece parti da mezzi uomini ed escono film di poco valore. Renzo è il numero uno dei comici italiani di film erotici.
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